lunedì 17 maggio 2021

L'uomo che si scioglie

 L'uomo brodo

Come racconta egli stesso, fu nel periodo della pubertà che Evarisio Prabella  si accorse che in determinate occasioni, quando era accaldato per essere stato troppo al sole o dopo una partita di calcio con gli amici, la normale sudorazione non si fermava ma anzi persisteva e l'intero suo corpo tendeva a sciogliersi e tornava alla condizione originaria solo quando lui oppure l'ambiente attorno a lui subiva un raffreddamento.

Quando ne parlò a casa, allarmato perché pensava ad una grave malattia, fu suo padre a tranquillizzarlo spiegandogli che c'erano già stati diversi altri casi come il suo in famiglia e che non c'era niente di cui avere paura anche se, naturalmente, c'erano da prendere alcune necessarie precauzioni. In questo modo, con l'appoggio di tutta la famiglia, Evarisio fu pronto ad affrontare e convivere con il suo singolare disturbo quando questo, verso i vent'anni,  si stabilizzò e divenne cronico. 

Da quel periodo in avanti, fino a oggi e si spera per molti altri anni ancora, Evarisio Prabella  vive nella singolare condizione di potersi trasformare, in presenza di fonti di calore sia naturali che artificiali, in un vero e proprio brodo di carne. Per ovviare a questo, l'uomo porta sotto gli abiti un impianto di refrigerazione a batteria che mantiene il suo corpo ad una temperatura ideale di 1-2 gradi sopra lo zero, permettendogli in tal modo di aver una vita perfettamente normale, un buon lavoro e diverse attività sociali e culturali.

Quest'impianto di refrigerazione però alle volte diventa un po' fastidioso e allora, quando non ha obblighi di lavoro o di altro genere, Evarisio preferisce non utilizzarlo. La cosa in genere non crea problemi perché la sua trasformazione non avviene in modo immediato ma si sviluppa gradualmente e lui ha tutto il tempo di porci rimedio abbassando in qualche modo la temperatura del corpo o semplicemente recandosi in un luogo più freddo. Ad esempio, nel quartiere dove abita, soprattutto nelle afose giornate d'estate, capita di vederlo entrare nella bottega del macellaio per chiedere di ospitarlo per un po' nella cella frigorifera o di entrare in un bar e chiedere di poter accomodarsi nella cassa dei gelati fino al ripristino della sua condizione, e va detto che queste son richieste che vengono esaudite con piacere e lui è una persona simpatica, è benvoluto da tutti nel quartiere ed è un piacere stare in sua compagnia.

A casa però, nella tranquillità dell'ambiente domestico, confessa che gli piace alzare per un po' il termostato fino ad una temperatura attorno ai 26 gradi, perché a quella temperatura il suo corpo si trasforma in una specie di gelatina che, pur permettendogli le normali attività, gli risulta particolarmente gradevole e rilassante anche se deve stare attento a non addormentarsi davanti alla televisione per non risvegliarsi colato sul pavimento. E poi Evarisio, che non si è mai sposato e vive da solo, ama i bambini e i suoi nipotini sono sempre contenti di andare a trovare lo zio perché gli ficcano le dita nel corpo e ridono come matti quando tirano via di colpo il dito e il corpo dello zio fa "flusc!" quando si richiude. A dir la verità, le dita infilate gli fanno solletico, ma lui lascia fare perché gli piace troppo sentire i bambini ridere. 


Un prete fra le nuvole

Il prete della pioggia

Fulgenzio Battistini, nato nel 1902 e morto nel 1981,  fu un sacerdote per molti versi anomalo e altri versi un verso precursore: sono molti infatti al giorno d'oggi gli ecclesiastici che, vuoi per stare più vicino e fare da guida ai propri fedeli, vuoi per mantenere in esercizio il proprio corpo (considerato anch'esso un dono di Dio), si occupano attivamente di attività sportive di vario genere, ma Don Fulgenzio fu uno dei primi in queste attività.

Fin dagli anni del seminario infatti fu un valente alpinista, rocciatore, sciatore, marciatore e podista, ed ottenne persino una dispensa vescovile per poter frequentare palestre dove praticò con successo non solo svariate specialità di atletica ma anche pugilato, lotta greco-romana e sollevamento pesi. Nominato nel 1938 cappellano militare presso il Reggimento paracadutisti "Fanti dell'aria", Don Fulgenzio non esitò a seguire anch'egli i corsi di formazione e divenne anch'egli un paracadutista provetto tanto che, anche se naturalmente non partecipò direttamente alle azioni, seguì i militari in diverse operazioni  e missioni belliche.

Dopo la guerra, anche se non più inquadrato nell'esercito, il sacerdote continuò, sempre con apposita dispensa vescovile, a praticare il paracadutismo e divenne noto nell'ambiente come "Il prete della pioggia", per la sua singolare abitudine di farsi portare sopra annuvolamenti a bassa quota, forieri appunto di pioggia, e da lì lanciarsi, aprire il paracadute e poi atterrare passando attraverso le nuvole stesse.

Fu solo dopo la morte di Don Fulgenzio che si comprese il motivo di questa abitudine, quando il Vescovo da cui dipendeva -e che era l'unico a conoscerne il segreto, rivelò che il prete durante la discesa, nel momento dell'attraversamento delle nuvole, estraeva un aspersorio che teneva ben celato in uno zainetto frontale e procedeva alla benedizione della nuvola in cui si trovava. In questo modo la benedizione, secondo le intenzioni del sacerdote e del suo superiore, si sarebbe allargata a tutta la nube e, con la successiva pioggia, sarebbero state benedette una grandissima quantità di persone, animali, luoghi e cose che sarebbe stato praticamente impossibile benedire singolarmente.

A tutt'oggi le autorità ecclesiastiche non si sono ancora espresse su questa forma di benedizione, e la causa di beatificazione di Fulgenzio Battistini, nonostante le pressanti richieste del Vescovo prima e dei suoi successori poi, resta ancora in sospeso.


sabato 15 maggio 2021

Scuse




Quando accetti le scuse di qualcuno che ti ha fatto qualcosa, non fai altro che autorizzarlo a farlo di nuovo