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sabato 19 agosto 2023

Palnatoke, in arte Guglielmo Tell

 

La storia di Guglielmo Tell la conosciamo tutti, e, come tanti, ci domandiamo se è una leggenda oppure no.

Con buona pace dei vicini svizzeri, diciamolo subito e fuori dai denti: questo personaggio non è mai esistito, o meglio: non è mai esistito in Svizzera perché Gugielmo Tell è danese!

Prendiamo in mano (beh, quasi: andiamo su Internet Archive -Dio li benedica- visto che c'è la versione online) i Gesta Danorum, un'opera dello storico Saxo Grammaticus del XII secolo, e scopriamo la storia di Palnatoke, che si svolge sotto il regno dal re danese Harold (911-987).

Stando al racconto di Saxo Grammaticus, Palnatoke (detto anche Toko, o Tokyo) era uno jarl (un guerriero nobile) vichingo di Jomsborg, che durante un banchetto si mette a vantare un po' troppo le sue abilità di arciere dicendo di essere in grado di colpire una mela anche piccola posata su una caraffa di vino alla distanza di 100 passi.

Il re allora decide di metterlo alla prova ma, da buona carognetta, pensa bene di far utilizzare come appoggio della mela non la caraffa ma la testa del figlio di Palnatoke e gli dice che se sbaglia e ammazza il figlio, poi il re avrebbe fatto ammazzare anche lui per... millantato credito, diremmo oggi.

Comunque Palntaoke accetta (non che avesse una qualche possibilità di scelta, intendiamoci), tira fuori tre frecce dalla sua faretra e le pianta per terra, pronte. Ad un segnale di Harold, prende una freccia, tende l'arco e tira: mela presa, figlio salvo, la gente applaude.

Harold però domanda perché avesse preparato tre frecce e l'arciere risponde che se avesse sbagliato e preso il figlio, la seconda freccia sarebbe stata per il re e la terza per se stesso. Allora Palnatoke viene imprigionato, però poi riesce a scappare dalla prigione e a far fuori il re cattivo.

La storia, che peraltro è narrata anche in altre saghe nordiche, è poi partita verso sud, ha attraversato la Germania, è arrivata in Svizzera e qua gli elvetici se la sono tenuta, l'hanno cambiata (ma poco poco), l'hanno ambientata ad Altdorf, hanno dato al vichingo Palnatoke un bel nome tedesco nuovo di zecca, Wilhelm Tell, e l'han fatta propria, e da allora quest'arciere è più svizzero della cioccolata e degli orologi a cucù.


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Cfr.
Gesta danorum online: Saxonis Grammatici Gesta Danorvm
Wikipedia (voci: Gesta danorum, Guglielmo Tell, Palnatoke)
G. Breton, Les beaux mensognes de l'histoire, France Loisirs, 1999


Nella foto la statua di Guglielmo Tell ad Altdorf. A onor del vero, va detto che è dal 1901 che la storia di Guglielmo Tell è stata tolta dai libri di storia svizzeri.

domenica 25 giugno 2023

La Svizzera (e le sue leggi)

   

Non so voi, ma io non faccio parte di quegli sciagurati che il sabato e la domenica mattina invece di riposare e stare tranquilli scatenano i propri settimanali istinti giardineschi nel tagliare l'erba del prato, potare i rami degl altri e dedicarvi ad altre similari attività. Io faccio parte di quella categoria che non ha piacere di essere svegliato all'alba da rumori tanto inopportuni quanto  fastidiosi e che vorrebbe dire al vicino troglodita su cosa può passare la sua motofalciatrice o dove può ficcarsi la sua motosega.

E allora penso alla nostra vicina, l'ineffabile Confederazione Elvetica. Perchè si possono -e si devono- dire un sacco di cose sulla Svizzera e sugli svizzeri, ma quando hanno ragione, hanno ragione. Qui esiste (unico posto al mondo, che io sappia) una legge che proibisce di provvedere nelle giornate festive a lavori di giardinaggio rumorosi e fastidiosi, e questo in nome della tutela del sacrosanto diritto al sonno di chi non condivide le passioni di certi giardinieri del fine settimana.  E tutti rispettano questa legge, perchè in Svizzera se non rispetti una legge non te la passi bene, mica come... vabbè, lasciamo perdere, che è meglio.

Sempre nell'ambito della tutela del sonno del cittadino e del rispetto della quiete del vicinato, esiste un'altra regola (non una legge vera e propria, intendiamoci, piuttosto una prassi consolidata, una norma non scritta che comunque è diventata un obbligo vero e proprio) che è quella che vieta di tirare lo sciacquone del wc dopo le 10 di sera e -solo per gli uomini- di fare pipì in piedi, sempre nello stesso orario. Allora, se vi trovate in Svizzera e non potete resistere a certi bisogni dopo le 10 di sera, fate attenzione perchè anche i visitatori sono invitati a rispettare questa regola. Certo, uno anche può fare il furbetto, prendere la macchina e andare in un bosco, ma c'è anche un divieto di farla nei boschi e nei terreni demaniali... Insomma, se proprio non ce la fate, passate la frontiera, andate in uno dei liberi paesi dove uno può tirare lo sciacquone quando gli pare e anche farla in piedi, se gli garba!

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Cfr.  https://switzerlanding.com/, sito ufficiale per il turismo nell'ineffabile Confederazione Elvetica

giovedì 22 giugno 2023

L'Eccessivismo degli asini

Non so voi, ma a me questo dipinto piace. Olio su tela  di 54 centimetri di altezza per 81 centimetri di larghezza, dal titolo "E il sole si addormentò sull'Adriatico" ha dei colori bellissimi, vivaci, mi piacerebbe averlo a casa mia. 
L'opera venne presentata nel 1910 a Parigi nella sala 22 del Salon des Indépendants,  una importante rassegna annuale dove sono passati autori del calibro di Cézanne, Redon, Munch, Seurat, van Gogh, Toulouse-Lautrec e tanti altri di questo livello, insomma mica bruscoline, ca va sans dire.

I critici e gli altri pittori rimasero colpiti dall'originalità del dipinto e ci furono reazioni contrastanti, anche perchè come autore venne indicato un giovane pittore italiano nato a Genova e fino ad allora completamente sconosciuto,  Joachim-Raphaël Boronali, che inviò ai giornali il suo Manifesto dell'Eccessivismo: "... rompiamo le tavolozze ancestrali e deponiamo i grandi principi della pittura di domani. La sua formula è l'eccessivismo. L'eccesso in tutto è un difetto, disse un asino. Al contrario, noi proclamiamo che l'eccesso in tutto è una forza, l'unica forza... Distruggiamo i musei assurdi. Calpestiamo le famigerate routine. Viva lo scarlatto, il porpora, le gemme coruscanti, tutti questi toni che vorticano e si sovrappongono, vero riflesso del sublime prisma solare: Viva l'Eccesso! ..."

Mmm... la frase "L'eccesso in tutto è un difetto, disse un asino" avrebbe potuto far riflettere qualcuno. Perchè Joachim-Raphaël Boronali era un pseudonimo, e il vero autore si chiamava Lolo (o Lola) ed era un asino. Un asino vero, di proprietà del gestore di un cabaret a Montmatre. 

La cosa andò in questo modo: lo scrittore Roland Dorgelès alla presenza di testimoni e di un ufficiale giudiziario, attaccò alla coda dell'asino Lolo un pennello e prese a dare delle carote all'asino. Quando l'asino riceveva la carota, scondinzolava allegramente e in questo modo passava il colore sulla tela. E ovviamente era stato Dorgelès  a scrivere poi il Manifesto dell'Eccessivismo e sempre lui rivelò infine la verità al giornale "L'Illustration" con tanto di foto che comprovavano il fatto. Aveva messo in piedi la bufala per “mostrare agli sciocchi, agli incapaci e ai vanitosi che ingombrano gran parte del Salon des Indépendants che il lavoro di un asino, spazzolato con grandi colpi di coda, non è fuori posto tra le loro opere."

Gran bello scherzo, di stile, e con un bel risultato: il quadro è tuttora esposto nello spazio culturale Paul-Bédu a Milly-la-Forêt a Essonne. Del vero autore, l'asino Lolo,si sa che dopo la morte del padrone fu porrtato in Normandia e che venne un giorno trovato annegato: secondo lo scrittore Robert Bruce, all'epoca, ci fu chi sospettò un suicidio...




L'artista all'opera con una serie di testimoni/complici mascherati


Fonti:




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venerdì 16 giugno 2023

Terrapiattisti...

Anni fa (non molti...) sul Twitter ufficiale della Flat Heart Society (Società per la Terra Piatta) venne postata un'affermazione che fa riflettere, e cioè si affermava che la Flat Heart Society aveva iscritti "in tutto il globo"...


qui sopra il post con il sarcastico commento di un fisico che dice "Dillo di nuovo, ma lentamente".

La cosa prese piede e adesso ci fanno pure le magliette...


sabato 10 giugno 2023

L'archeologo e l'arcivescovo

 


Gli studi e scavi effettuati da Kathleen Kenyon tra il 1952 e il 1958 hanno dimostrato che la biblica Gerico era stata fondata circa 9000 anni prima di Cristo. La datazione è stata confermata in seguito anche da ricerche iniziate nel 1997, che hanno datato insediamenti umani nella zona anche 11.000 anni prima di Cristo. E qua non ci piove, (anche se. per qualcuno...)

Quello che pochi sanno però è che l'archeologo John Garstang già negli anni '30 del secolo scorso era riuscito a datare correttamente la data della fondazione di Gerico, ma la scoperta non venne mai divulgata, perchè il suo finanziatore, Sir Charles Marston, nel 1936 ritirò qualsiasi appoggio e fece interrompere tutti i lavori e le ricerche attorno a Gerico.

Il motivo di questa decisione era che Sir Charles Marston si fidava ciecamente della validità dei calcoli dell'arcivescovo anglicano James Ussher (1581-1656) che aveva calcolato "scientificamente" la data di creazione del mondo facendola risalire al 4004 a.C. e qualsiasi datazione andasse contro questo dogma era un'eresia da combattere, quindi le ricerche di Garstang andavano fermate. 

Peccato che ai tempi di Marston non fosse già diffusa l'interpretazione creazionista (sono molti i creazionisti a basarsi anche oggi sul calcolo di Ussher) secondo la quale Dio creò anche cose (come i fossili) che sembrano risalire a tempi anteriori al 4044 a.C., e l'avrebbe fatto per mettere alla prova la fede dei cristiani nella Bibbia.

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Cfr.
J.R. Wilcock, Fatti inquietanti, Bompiani, 1960
Wikipedia alle voci Gerico e james Ussher

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se poi 'sto genere di roba piace...
https://www.amazon.it/barattolo-della-storia-Remo-Badoer/dp/1673451446

lunedì 25 aprile 2022

Fesso con la F maiuscola


Antoine-Alexandre-Henri Poinsinet (1735-1769) ai suoi tempi fu un commediografo e librettista di qualche successo, e se oggi le sue opere sono pressoché dimenticate, lui continua invece ad essere ricordato perché era Fesso, un Fesso di quelli con la F maiuscola, tanto che il suo nome divenne proverbiale e "bestia come Poinsinet" divenne un modo di dire comune in Francia.


Il fatto è che assieme ad una pressoché totale incapacità di capire i meccanismi del vivere comune e ad una credulità e ingenuità profonde, il maccabeo si portava dietro l'assoluta certezza di essere un genio e una incrollabile fede nel suo essere  superiore a tutti gli altri: una miscela esplosiva di ignoranza, dabbenaggine, stolidità, vanità e superbia che lo identificò come un Fesso di prim'ordine nei salotti parigini e che lo rese vittima di una serie di burle di prima categoria, ricordate da Jean Monnet, direttore del Théatre de la foire, nelle sue memorie. Vediamone qualcuna, tanto per avere un'idea di quanto fesso fosse costui.

Possiamo partire da quando alcuni "amici" lo convinsero che il re di Prussia aveva intenzione di affidargli l'educazione del principe reale ma che per questo avrebbe dovuto abbandonare la religione cattolica e abbracciare il protestantesimo. Poinsinet abboccò subito, esca, amo e tutta la lenza, e addirittura abiurò in una cerimonia celebrata da un falso pastore luterano che gli fecero credere fosse arrivato clandestinamente in Francia. Quando la beffa fu rivelata, il drammaturgo voleva denunciare gli autori dell'imbroglio, ma la paura di aumentare il ridicolo lo tenne sconsideratamente a freno.

Sconsideratamente perché gli stessi, tempo dopo, gli fecero credere di  aver ucciso un gentiluomo in duello anche se in realtà aveva appena sguainato la spada. Non solo: lo convinsero anche che per questo omicidio era stato condannato all'impiccagione,  gli fecero leggere una falsa sentenza e pagarono un falso banditore perché passasse sotto le finestre della sua casa dando la notizia della condanna.  Poinsinet allora si travestì da abate, si fece tonsurare e andò a nascondersi fuori Parigi. I buontemponi continuarono lo scherzo fino quando, dopo avergli fatto assumere i ruoli più ridicoli per continuare la sua latitanza, gli dissero che il re, visto che era un grande poeta, orgoglio della Francia, gli aveva concesso il perdono. E qui la cosa rischiò di finire male perché il fesso scrisse al re per ringraziarlo e il re stava per farla pagare ai mattacchioni, non tanto perché avevano messo in ridicolo Poinsinet, ma perché non gli era piaciuto che qualcuno osasse il suo nome per ridere senza di lui.

Lo scherzo però a mio parere più bello, se non altro per la durata, fu quando i soliti burloni gli annunciarono che l'Imperatrice di Russia intendeva nominarlo membro dell'Accademia di San Pietroburgo, ma che prima, per poter godere pienamente dei benefici concessi dalla zarina, avrebbe dovuto imparare il russo e a questo scopo, si affidò ad un insegnante di lingua russa,  studio e si applicò  duramente per ben sei mesi, e forse sarebbe andata ancora di più se non fosse successo che Poinsinet incontrò casualmente un ufficiale russo autentico e ci rivolse la parola senza che questo capisse nulla -e d'altra parte neanche lui capiva quel che diceva il russo. Come mai? Niente di particolare, solo che in tutti quei mesi l'insegnante, che gli era stato presentato dai soliti "amici", non gli aveva insegnato il russo ma... il bretone, lingua senza dubbio interessante ma, ahimé, poco adatta per l'Accademia di San Pietroburgo. Kaezh droch!


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Ho conosciuto la storia di Poinsinet in: L'école des malins, di Jean-Charles, Presses de la Cité, 1964.
Informazioni più approfondite sono disponibili su Wikipedia francese.
Le Mémoires di Jean Monnet sono consultabili su Gallica.
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sabato 8 gennaio 2022

Golf sotto le bombe, sir.

 

Che gli inglesi siano famosi per il loro humour e per la loro imperturbabilità sembra proprio non sia solo un luogo comune, e il documento qui di fianco lo testimonia.

Si tratta delle "Regole transitorie" stabilite  nel Golf Club di Richmond nel 1940, quando il campo da golf (che dista poche miglia dal centro di Londra) venne colpito dai bombardamenti della Luftwaffe e alcuni soci stabilirono appunto una serie di comportamenti per fare fronte ad inconvenienti del genere, per primo quello in cui si chiedeva ai giocatori di provvedere alla raccolta di bombe e  schegge di granata perché queste non potessero danneggiare le macchine per tagliare l'erba.

Si stabiliva poi, tra le altre cose, che non venissero penalizzati quei giocatori che, durante il bombardamento, interrompevano il gioco per mettersi al riparo, così come non erano previste penalizzazioni quando una palla veniva mossa a causa dell'azione del nemico, oppure doveva essere rimpiazzata perché distrutta o andata perduta. Quando invece la palla finiva in un cratere, venivano indicate le modalità per recuperarla sena incorrere in penalizzazioni, mentre invece se il tiro di un giocatore veniva disturbato dalla simultanea esplosione di una bomba, il tiro poteva essere ripetuto, però il giocatore veniva penalizzato di un colpo. 

Probabilmente queste regole erano state scritte in modo ironico (e auto-ironico), ma Joseph Goebbels, ministro della Propaganda di Hitler, le prese sul serio (si sa che nazisti  e senso dell'umorismo non vanno tanto d'accordo...) e disse che era un ridicolo esempio di eroismo falso  e che in realtà potevano giocare senza pericoli, "perché, come tutti sanno, l'Aeronautica Militare tedesca si dedica solo alla distruzione di obiettivi militari e di obiettivi importanti per lo sforzo bellico". Più avanti però, in un altro bombardamento, le bombe tedesche colpirono di nuovo il Club e ne distrussero la lavanderia... quando si dice il caso, eh?


Fonte: il sito ufficiale del Golf Club di Richmond (da cui è anche stata tratta l'immagine)

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martedì 21 dicembre 2021

Di corsa!


 Il Prato della Valle a Padova è una delle piazze più conosciute al mondo. Però chi pensa di vederlo ora come fosse sempre stato così, sbaglia. La forma che ha ora risale al 1797, e fino a quel tempo era stata una semplice spianata utilizzata per vari e diversi scopi: era stato luogo di riunioni  pubbliche e funzioni religiose, mercato (beh, questo è durato nei secoli...), sede di un teatro nel periodo romano, fiere di bestiame, ecc. ecc.

Venne anche utilizzato come pista per corse di cavalli (e non solo cavalli, come vedremo...) in ricorrenze particolari  a iniziare dal 1275 quando il comune stabilì che ogni 12 giugno (ricorrenza della caduta di Ezzelino) si tenesse una corsa di cavalli barberi (che qui si deve intendere come cavalli sciolti), e il premio al vincitore consisteva in un panno scarlatto lungo 12 braccia, chiamato palio, perché il pallium era il mantello rosso che Romani portavano sulle spalle. Un'altra occasione di corse celebrative fu, dopo il 1420, il 17 settembre di ogni anno, per festeggiare l'unione di Padova alla Serenissima. 

Alcune di queste corse non riguardavano solo i cavalli sciolti,  ma anche le corse dei cavalli con fantini, le corse molto popolari delle carrette o delle bighe, la corsa degli asini e la corsa delle... meretrici!  Personalmente, non ho mai avuto nessun altro riscontro né in Italia né nel resto del mondo  di  una corsa con questo genere di concorrenti,  anche se pare fosse molto apprezzata,  organizzata soprattutto per far bella figura ospiti illustri: le cronache ricordano che nel 1667,  in occasione dei festeggiamenti a Ferdinando Duca di Baviera e Carlo Emanuele di Savoia  che erano venuti a Padova ospiti di Pio Enea degli Obizzi,  venne organizzata " una solenne corsa di barberi, ronzini, asini e donne da partito" (termine abitualmente usato per definire le prostitute).

Certo, si trattava di una cosa ignobile, ma all'epoca il rispetto delle persone e della dignità umana era quello che era -soprattutto delle donne in generale, figuriamoci poi delle prostitute... Tempi andati, speriamo, anche se ogni tanto qualcosa del genere disgraziatamente salta ancora fuori. 


Cfr.  O. Brentani, Guida di Padova, 1891


PS
A dir la verità, erano importanti anche le corse dei lacché, ma di questo ne parleremo un'altra volta...


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lunedì 13 dicembre 2021

Successi letterari di grandi dittatori

Uno dei libri più venduti nella storia è stato senza dubbio il Libretto Rosso, ovvero le "Citazioni dalle opere del presidente Mao Tse-tung", pubblicate per la prima volta nel 1963, una raccolta di aforismi e citazioni di vario genere e argomento, dalla politica alla questione femminile all'allevamento nelle fattorie alla necessità di tenersi allenati nel lancio di granate. Libro must della Rivoluzione Culturale, negli anni della contestazione conobbe una enorme popolarità, venne tradotto e venduto praticamente dovunque (ne avevo anch'io una vecchia copia in una cassa in garage) e si stima che sia il secondo libro più più venduto dopo la Bibbia. 

Naturalmente, fu in Cina che il Libretto conobbe la sua massima diffusione anche se la sua popolarità era per così dire... diciamo un po' guidata, ecco. Certo, lo studio del pensiero di Mao non divenne mai ufficialmente un obbligo di legge, come il Ruhnama di Niyazov, però il fatto che fosse una materia scolastica obbligatoria in tutti i gradi e e dovunque si facesse formazione, dalle campagne alle fabbriche all'esercito, beh, sì, questo contribuì alla vendita del libro.

Un altro buon incentivo alle vendita fu che, anche se nemmeno l'obbligo di possesso dell'opera del Grande Timoniere fu mai sancito per legge..., beh, non era un caso che le dimensioni stesse del libretto fossero state studiate apposta per poterlo sistemare nella tasca superiore della zhongshanzhuang, la cosiddetta "giacca maoista" in uso all'epoca, (anche sui dittatori come influencer di moda ce ne sarebbe da dire...) così come non era un caso che le Guardie Rosse potessero chiedere a chiunque di esibire il libretto e di prendere a bastonate o addirittura spedire in campi di lavoro forzato (di "rieducazione") quelli che non l'avevano con sé.  Esempio di come talvolta alla libertà di scrittura si dovrebbe accompagnare la libertà di lettura...

Il Libretto Rosso conobbe diverse edizioni negli anni e diverse parodie (tra queste I pensieri del generale, spassose citazioni di De Gaulle, altro libercolo che avevo, chissà che fine ha fatto) e vanta anche diversi tentativi di imitazione, come lo slogan della Settimana Enigmistica.

Una di queste imitazioni fu quella di "Papa Doc" Duvalier, dittatore di Haiti, che, volendo entrare anch'egli nella rosa dei grandi scrittori rivoluzionari, nel 1968 diede alle stampe le sue Oeuvres essentiels, che imitavano il Libretto di Mao anche nelle dimensioni e nel colore rosso della copertina. Deluso dalle scarse vendite, non potendo servirsi di servigi come quelli delle Guardie Rosse (a differenza di queste ultime, che sapevano leggere e scrivere, i Tonton macoutes di Papa Doc difficilmente sarebbero stati in grado di distinguere le  Oeuvres essentiels da un fumetto di Topolino), il dittatore trovò ugualmente il modo di rendere popolare il proprio lavoro: fece consegnare una copia del libro a tutti i dipendenti statali -e fece pure trattenere 15 dollari dal salario di ognuno, ça va sans dire.


Fonti:

  • Wikipedia
  • K. Shaw, Power Mad!, Michael O'Mara books, 2004
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lunedì 3 maggio 2021

Quando il gioco si fa duro


 D'accordo, d'accordo...

... Big Pharma non è fatta da stinchi di santo e quando ti dicono è per i costi della ricerca che mettono ai farmaci prezzi da capogiro, sai che è una gran bella scusa per dei guadagni a dir poco vergognosi. Però la ricerca la fanno, e alle volte hanno anche dei risultati -magari per una botta di fortuna ma li hanno.

Nel 1989 in Inghilterra, un gruppo di ricercatori della Pfizer sintetizzò un composto (Sildenafil UK-92.480) studiato per essere impiegato come cura contro l'ipertensione e l'angina pectoris. I successivi test clinici condotti a Swansea furono però un flop totale e i test vennero interrotti. Soldi e tempo buttati, pensò Ian Osterloh, capo del team di ricerca, ma dovette ricredersi quando i soggetti su cui era stato sperimentato il farmaco nonostante la dimostrata inutilità protestarono vivamente e dissero che no, non se ne parlava neanche di  interrompere la "cura"! 

Il motivo? Per via degli effetti collaterali, anzi per via di uno specifico effetto particolare, quello di provocare ai maschietti erezioni più dure, più forti e di maggior durata. Così i marpioni della Pfizer lasciarono perdere ipertensione ed angina pectoris e commercializzarono il farmaco per tutt'altro scopo: era nato il Viagra.

 


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