sabato 14 novembre 2020

Lettere ad Anna 12 - La maschera del dolore

 Anna, amore mio

quando ti ho parlato delle mie maschere, mi sono accorto di avere saltata una, forse la più pesante, quella che è diventata tanto parte di me te non essere stato più capace di distinguere dallo strumento (quello che mi serviva -o mi faceva comodo) e quello che ero.

Ti ho già parlato di quella ragazza che mi tradì e mi abbandonò e della lettera che mi aveva scritto e che per tanto tempo mi sono portato dentro il portafoglio. Anche se il tradimento e l'abbandono erano stati molto duri per me, il fatto di poter leggere ogni tanto quella lettera in cui c'erano parole d'amore che all'epoca erano sincere (almeno spero) mi tirava su nei momenti bui e mi dicevo che se una donna mi aveva scritto, o meglio: aveva scritto per me quelle cose, beh, il mondo era meno brutto di quel che pareva e io non ero proprio un essere che non meritava nulla e che era destinato a rimanere solo. Ma, al tempo stesso, mi portavo dietro l'immagine di un dolore forte, che avevo vissuto come un trauma, e certo rileggere le parole di quella ragazza mi faceva da una parte star bene, dall'altra ripassava il dito nella piaga. Fu così che negli anni mi creai una maschera ossessiva e in un certo senso definitiva che solo con te (e anche a fatica) è caduta.

Quella maschera trasformaò il dolore in identità, e diede un motivo complessivo, una guida, un punto di riferimento stabile a cui feci ruotare attorno tutta la mia vita affettiva per più di 30 anni: io divenni il dolore, con il dolore, il tradimento (e anche la vergogna di essere stato tradito, il fatto di essere stato cornuto) mi costruì una piattaforma su cui sono salito per guardare il mondo e rinfacciare al mondo il fatto di aver scelto di essere solo. Mi sono costruito proprio un monumento, il monumento dell'amore infelice è inconsolabile, su cui siedevo con la dignitò offesa e al tempo stesso mantenevo l'immagine di un uomo forte (e sensibile) che affronta la vita e tira avanti neanche tanto male, anche se col peso di un amore tragico è atroce! (figuriamoci, come se fossi stato l'unico cornuto della storia umana, o come se il mio sentimento, anche al plurale: i miei sentimenti, fossero più nobili di quelli degli altri!!!)

E questo monumento funzionò. A parte che è diventato alle volte anche un sistema per rendersi interessanti (c'era quella che diceva "guarda che personaggio, che bella storia la sua, vediamo di consolarlo") e anche solleticava la vanità (c'era. più spesso, anche il tipo di donna che si metteva in testa di salvarmi col proprio amore e roba del genere, cosa che mi causò delle storie piuttosto sgradevoli che avrei voluto evitare).

Non solo però: la cosa più importante era che io mi presentavo come un uomo sensibile, bruciato dall'amore e per questo refrattario ad ogni forma di sentimento o quasi. Era il sistema buono per evitare qualsiasi coinvolgimento, Non per fare il cialtrone, no, era per evitare la possibilità di avere un altro dolore del genere. Follia pura, naturalmente. Senti cosa scrivevo.. -boh, forse 20, forse 10 anni fa, comunque quando il processo di identificazione con il dolore si era già concluso: "La dimensione del dolore - scrivevo- è una cosa strana. Quando superi un determinato limite, il dolore e il rimpianto per la donna perduta diventa un compagno, un amico che ti fa compagnia e non ti lascia. diventa quasi parte di te, lo senti come parte di te, ed è fedele, non ti lascia anzi ti prende per mano e ti accompagna ".

Amore mio, hai capito quanto ero suonato? E quando ho scritto quelle cose c'ero dentro ormai del tutto, le lacrime che magari avevo versato su quella lettera si erano asciugate da un pezzo, ma con loro mi ero inaridito anch'io. Certo, ho continuato a cercare la donna della mia vita, sapevo che c'era da qualche parte, ma una parte di me, la mia maschera non mollava il dolore e mi frenava. Ecco perché non ho mai volue in effetti non avevo torto, giusto amore mio?) , e nel frattempo avessi relazioni superficiali, una vita presa di striscio, appunto.

Col senno di poi, potrei dire che comunque tutta questa follia un senso ce l'ha avuto, se mi fossi accontentato , se avessi accettato un compromesso, magari una famiglia con prole...beh, non so se oggi sarei con te. non mi ricordo più chi.

Quindi ringrazio anche la mia follia anche quella maschera che è stata l'ultima cadere, anzi forse è stata la prima a cadere perché senza quella maschera ho potuto arrivare a te, e tu hai fatto cadere tutte le altre.

ti amo Anna

il tuo Sesto Gatto

giovedì 5 novembre 2020

Lettere ad Anna 11 - Una foglia secca

Anna, amore mio

tra queste pagine c'è una foglia secca - anche rotta- di ginkgo biloba. È proprio di quell'albero che abbiamo visto uscendo dalla nostra passeggiata nel roseto. Da completo ignorante dei nomi di alberi, mi hai insegnato il nome della pianta, mi hai detto da dove veniva ed anche altre cose. Che non ricordo, perché ad un certo punto, come poi ho visto mi capita spesso, mentre ti ascolto  vengo rapito dal tuo viso, dalla tua voce (non dalle tue parole... ), dalla tua presenza completa e questo rapimento mi porta chissà dove, in posti comunque meravigliosi e profondi come i tuoi occhi.

Poi, non so bene cosa avessi in testa, ho raccolto quella foglia e me la sono messa in tasca. Perché? Boh. Non era da me, certo. Penso che volessi portarmi dietro un qualcosa non che mi ricordasse ma che mi facesse rivivere ogni tanto le emozioni di quel giorno e neanche questo, ti assicuro era da me. senza rendermene conto,

Ero lì lì per cadere in un baratro che avevo sempre cercato di evitare, non solo, che avevo anche cercato - almeno per quel che mi riguardava- di disprezzare: il romanticismo. Il romanticismo con tutto quello che si va dietro: bacetti, mano nella mano, coccole, sdilinquimenti, tutta roba che non mi andava giù e che detestavo soprattutto quando ne parlavo con altre persone. Ma sotto sotto non era così, non era così per niente. Era come la favola della volpe e l'uva, o meglio ancora come il proverbio bretone (credo)  "il gatto che non riesce a raggiungere la carne dice che puzza".

Perché il romanticismo, inteso proprio come rapporto affettivo,  anzi come espressione di un rapporto affettivo, Io l'avevo cercato, non l'avevo mai trovato, e quindi l'ho eliminato dalle cose volute disprezzandolo come inutile, melenso, ridicolo e non confacente a persone adulte responsabili. una roba da tenere a distanza, anzi da ridicolizzare quando vedevo certe espressioni e comportamenti.

Ma dentro di me invidiavo quelle coppie che vedevo sfiorarsi con le mani, scambiarsi occhiate  languire, passeggiare assieme stretti l’una all'altro., e dentro di me fantasticavo, pensavo a come sarebbe stato avere un rapporto del genere, pensavo alle parole, alle frasi che avrei detto, mi immaginavo notti e passeggiate sotto la luna come nella tradizione e nell’iconica rappresentazione dell'amore romantico.

Quei gesti che non sapevo in realtà quanto fossero potenti e importanti, gest che solo con te ho potuto scoprire e apprezzare. Anche queste per gesti come raccogliere una foglia di un albero sconosciuto e conservarla tra le proprie carte senza un motivo razionale, solo per la magia di una giornata, di una passeggiata.

Quel giorno al roseto, in mezzo a una bellezza che riuscivo a contemplare con gioia e meraviglia solo perché ero con te, quel giorno, dicevo, hai fatto una cosa che non mi era mai successa prima o almeno non mi era mai successa in quel modo e con quella potenza. 

Eravamo sulla parte alta del roseto, tu un po' avanti a me, e ho visto che con una naturalezza che mi ha colpito per la sua novità (almeno per me) hai allungato leggermente la mano indietro e mosse le dita come a dire: "Beh? Dov'è la tua mano? perché non sta stringendo la mia?" - e io strinsi la tua mano realizzando che proprio quello era il posto giusto dove doveva stare la mia mano: nella tua, semplicemente. 

E così un piccolo gesto mi spalancò le porte di un palazzo ricco di meraviglie e tesori, tutti col tuo nome, il tuo volto sopra. E a pensarci bene, non ho bisogno di una foglia per ricordare quel giorno. Ma questo l'ho capito dopo.

Ti amo, Anna

il tuo Sesto Gatto  

lunedì 2 novembre 2020

Lettere ad Anna 10 - Le maschere

 Anna, amore mio


lo sai qual è il tuo più grande regalo (regalo a me intendo)? È la mia vita e non è una esagerazione. è la realtà perché con te, per la prima volta da sempre, posso essere me stesso, semplicemente. Prima io non ero me stesso, ero una maschera, ero uno che ricopriva dei ruoli estranei perché non voleva, non poteva neanche, essere se stesso.


Da quando stiamo assieme, sono io e basta. E se guardo  nelle camere della mia storia, ce n'è una in cui sto buttando quei volti, quelle maschere, quelle "personae" che io ho utilizzato per non vivere la mia vita.


Il fatto è che sono cresciuto con la piena consapevolezza di essere diverso dagli altri, di volere e pensare altre cose, di non potermi identificare in ciò che era "vita" per un mucchio di gente, per la mia famiglia, per i miei compagni di scuola e per gli amici anche, a parte qualche mosca bianca, due, forse tre in tutta la mia vita. Al tempo stesso, però, volevo far parte, volevo non essere solo, volevo insomma essere come gli altri. ma non ci sono riuscito. Allora mi sono creato delle maschere, delle figure che mi permettessero di individuarmi, di essere, di assumere delle identità che non erano vere, o meglio erano anche vere, ma io dovevo portarle all'eccesso per dimostrare a tutti, a me stesso per primo che ero vivo e che ero se non qualcuno, almeno qualcosa.


In realtà, non sono mai stato qualcosa di falso, le mie maschere non erano false, erano più che altro delle esagerazioni delle varie parti della mia vita. non vere, quindi, ma neanche false. Difficile da spiegare. Vediamo, con degli esempi. Prendiamo la politica. Io sono cresciuto in un ambiente religioso e di destra. Quando ho iniziato a vedere le cose da un'altra ottica, non mi sono limitato ad essere uno di sinistra, no, dovevo essere un estremista, uno di quelli che o rivoluzione o niente, e anche quelle idee anarchiche e libertarie (che pure erano parti vere e reali di me ) diventavano una esagerazione che mi qualificava, che mi faceva assumere un ruolo e mi faceva identificare. Diventavo allora uno sì diverso, ma proprio diverso, estraneo, lontano dal sentire comune.


Lo stesso per il bere: birra e vino mi piacevano, mi piaceva l'ambiente dei bar e delle osterie, ma dovevo assumere un ruolo e allora dovevo essere quello che beve di più di tutti, senza ritegno, quello che fa tardi ogni notte e che vede la sbornia come la giusta condizione per affrontare il mondo (o per non accettarlo).


Insomma, con queste maschere io mi chiamavo fuori, ma fuori del tutto. Era come se dicessi: non posso essere come voi, ma neanche ci provo, anzi faccio di tutto per mettere un abisso tra voi e me.


Ovvio, amore mio, era una follia, erano tutte follie ma mi facevano sopravvivere. L'atteggiamento più pesante - anche da gestire- era proprio quel "o con me o contro di me"che ho utilizzato per tagliare i ponti con la realtà e al tempo stesso darmi ragione per averlo fatto.


Ma non devi credere che se stessi male, sai, Una volta avviato il processo le maschere sono comode, ti evitano di metterti in discussione, ti evitano di cambiare - anche quando dovresti.    E ne ho usate tante, qualcuna un po' alla volta è entrata a far parte di me, ha ingannato anche a me e così è successo che mi sono trovato a sentire di essere quello che non ero, ad un certo punto hanno per cosi dire preso il sopravvento e hanno condotto loro il ballo.


Ma con te no. Con te non ricordo di avere mai usato maschere, con te, fin dall'inizio, ero me stesso e questo perché, come un animale incontra un suo simile, sentivo che anche tu non eri come gli altri, anche tu eri diversa. La differenza era/è che tu affrontavi la diversita (tua) a viso aperto.


Comunque, non ricordo di essermi comportato con te in maniera falsa o vera/ falsa , mai. Neanche per lettera, per sms o quando ci incontravamo per caso. Forse non ti ho raccontato tutto quello che combinavo (ci mancherebbe!) ma ho sempre cercato di essere più possibile vicino a quel che sono veramente. Perché tu me lo permettevi, lo sentivo, sapevo che tu eri/sei  speciale e che mi avresti permesso di essere per così dire "chiamato con il mio nome".


E in questi anni di amore quello che mi hai donato è il non avere più paura, non sentire più il bisogno di essere diverso da quello che sono, quello che mi hai donato è una vita in cui non ho più maschere, ci voleva il tuo amore per aiutarmi a toglierle con tutti e in ogni occasione.


Mi hai reso e mi stai rendendo ogni giorno di più un uomo migliore, pieno di difetti e di magagne, per carità, ma difetti e magagne mie, reali. Tu mi hai donato la forza di accettare e di accettarmi, anche di riconoscere le cose buone e belle che ci possono essere in me e che per tanto tempo spesso ho scelto di non vedere, impegnato come ero a recitare questo a quel ruolo (ah, tutti ruoli negativi, certo, se no che gusto c'è…) e a indossare le mie maschere spesso una sopra l'altra.


Grazie amore mio, grazie per la mia vita


ti amo , Anna


il tuo Sesto Gatto




giovedì 29 ottobre 2020

Lettere ad Anna 9 - Ricordi

 Anna, amore mio

rimettendo a posto le carte che ho qua e là in cassetti,  scatole, buste, un po' dovunque, insomma,  mi capita alle volte di riprendere in mano cose che ho scritto nel tempo per altre donne di cui ero - o credevo di  essere-  innamorato. Ed è una storia, perché mi pare di rileggere cose che ho scritto per persone che non ho mai conosciuto, oppure scritte da un'altra persona, perché non mi ritrovo più in quello che scrivevo.


Vabbè che magari ‘ste robe le scrivevo dopo essermi fatto una canna oppure con una sbornia nostalgica addosso, vabbè tutto però in fin dei conti erano/sono  storie mie, che ho vissuto, dovrei in qualche modo sentirmi coinvolto, eppure non lo sono più. Non lo sono più adesso, intendo, adesso che ci sei tu.


Intendiamoci, non è che abbia dimenticato tutto, che abbia dimenticato o che non mi riguardino più storie che alle volte sono costate lacrime, dolore, oltre che - ma meno-  gioia e piacere. 


E' che le vedo filtrate attraverso te, e la tua luce le illumina da un punto di vista nuovo, le rimette al loro posto, il posto dei ricordi che sono solo ricordi, senza più nessun coinvolgimento emotivo. qualcuno piacevole, qualcuno no, comunque ricordi. 


Per capirci, vorrei dirti che i ricordi Io li vivo in due modi: i ricordi e basta, quelli che puoi vedere con un certo grado di distacco, e i ricordi che risvegliano sensazioni, emozioni, immagini che fai in un certo modo rivivere. Ecco, non sono molti i ricordi e basta, I ricordi da rivivere invece sono molti, ma in una scala che si basa sul grado di coinvolgimento che possono suscitare.


E anche i ricordi dei miei amori su questa scala non sono esenti da te, dalla tua presenza e dal tuo amore. Per questo li posso rivivere con serenità, dando loro il significato che meritano, e cioè l'essere stati passi, momenti, storie che dovevo fare per arrivare a te. A questo sono serviti, e oggi posso vedere le cose che mi hanno più turbato è fatto male con una forma di sorriso, di compiacimento nel dire loro "grazie" perché mi hanno portato a te.


A te che sei la conclusione di una ricerca o, meglio, di una strada che dovevo percorrere e solo guardandomi dietro capisco che qui, ora e adesso, è il posto dove era scritto dovessi arrivare, il posto giusto dove la strada è finita e ne inizia una nuova che voglio fare mano nella mano con te.


ti amo Anna 


il tuo Sesto Gatto


lunedì 26 ottobre 2020

Lettere ad Anna 8 - La musa e l'artista mancato

Anna, amore mio


mi rendo conto che dire che queste lettere sono sgangherate, inconcludenti, rotte, ripetitive, senza capo né coda, mi accorgo che ripeto le cose  (beh, non solo in queste lettere, se è per questo),  che mi perdo nei discorsi, che parlo parlo e non arrivo mai da nessuna parte… Tutto per girare attorno all'unico filo logico che c'è in tutto questo sbrodolio di parole, e cioè il fatto che ti amo e che non so mai come dirtelo.


Mi piacerebbe saper dipingere, e ritrarti in mille pose, in mille ambienti e con mille diversi vestiti, di notte di giorno all'alba al tramonto, con il sole la pioggia il vento il caldo il freddo, eccetera eccetera. Purtroppo non so dipingere. Sfiga. Mi piacerebbe essere un musicista, dedicarti serenate e ballate e melodie che potrebbero far piangere anche il demonio, note struggenti e commoventi oppure epiche, gioiose, festose e ridenti - ammesso che la musica possa essere ridente. E invece niente, non so dipingere, non so disegnare e sono capace di suonare solo il campanello quando arrivo da te, e lo suono tanto bene che manco lo senti alle volte... quindi niente pittura, niente musica, niente scultura, l'unica roba che so fare è scrivere, e questo è il motivo di queste lettere, non ho altro modo di lasciare traccia del mio amore, Anna, quindi scrivo. 


Che poi quello che scrivo ti piaccia, è quello che spero, e se una sola di queste lettere ti farà un po' sorridere, ecco, questo mi rende già felice.


ti amo Anna,


il tuo Sesto Gatto


venerdì 23 ottobre 2020

Lettere ad Anna 7 - Una vecchia coppia

 

 Anna, amore mio

Alle volte mi domando se, anche se stiamo assieme da non molto tempo, non ci si possa considerare una vecchia coppia. Perché è così che la sento, voglio dire quando sto con te le cose si incastrano, vanno a posto, si completano come se fossero decenni, non anni, che stiamo assieme. Cosa strana, perché allo stesso tempo continuo a vederti come se fosse la prima volta, continuo a meravigliarmi e a provare per te gli splendidi sentimenti di sempre come se fossero ogni volta una cosa nuova. e al tempo stesso ti vivo /  mi vivo come se fossimo una vecchia coppia, di quelle che hanno sviluppato col tempo tutta una loro complicità, una loro particolare, forse unica, maniera di vedere le cose dallo stesso punto di vista (o quasi…).


Come quando siamo venuti a vedere questa casa, c'è bastato guardarci  per dirci l’un l’altra "Questa è ok, questa va bene" senza bisogno né di parlare né ripensarci sopra. O come altre volte ti "sento" e so già quello che vuoi dire /  dirmi. Certo, anche se il "sento" quello che vuoi dirmi non è che ti dica "Ok, ho capito, non occorre che tu dica niente". No, ti lascio parlare, ti ascolto (almeno finché non mi perdo nei tuoi occhi)  ma ti ho già "sentito", ho già avuto la percezione di quello che provi e di quello che vuoi condividere per me e con me.


È una sensazione splendida, come alle volte la mattina, prendendo il caffè assieme, è come se nostri volti avvicinandosi si fondessero fra loro, come se noi due fossimo un incastro di pezzi destinati da sempre ad unirsi, un mosaico in cui le tessere si mettono assieme da sole per creare un'opera d'arte che ha aspettato tanto tanto tempo per nascere ma era già pronta da chissà quanto. Perché questa strana impressione, che non mi era mai capitata che credo non succeda a tutte le coppie? Forse perché da quando ci siamo conosciuti già ti sentivo - e ti ho continuato a sentire-  un po' la mia donna, anche quando eri in giro per il mondo e/o  stavi con altri, anche quando non ti vedevo per anni e anche quando io ero con altre donne.


Una vecchia coppia…  e ti sei accorta di come diamo questa impressione anche gli altri, quando magari con un po' di invidia ben celata ci hanno detto che siamo una bella coppia, dando per scontato, vuoi per i tuoi capelli grigi, vuoi per la mia barba bianca, che siamo una bella coppia di innamorati che sono assieme da un mucchio di tempo. tT ricordi quella volta che la tizia ci ha detto che era bello vedere due persone di una certa età tenersi per mano? o quei due ragazzi che ci hanno chiesto se andavano bene per essere come noi? Facciamo un certo effetto, amore mio, non  passiamo inosservati, non ci sono in giro tante altre vecchie coppie ancora così innamorate. 😉


Anche perché, amore mio noi possiamo essere (o passare per) una vecchia coppia, magari potremmo anche essere  (un giorno molto moooooolto lontano) una coppia di vecchi ma non credo che io e te  potremo mai essere una vecchia (ho sbagliato!), dicevo, non potremo mai essere una coppia vecchia!


ti amo Anna


il tuo Sesto Gatto


mercoledì 21 ottobre 2020

Lettere ad Anna 6 - Una foto in bianco e nero

 

Anna, amore mio

come tu ben sai, la tua famiglia (tua madre e tuo padre, intendo) mi piaceva. erano brave persone, magari non le conoscevo bene, ma era lo stesso convinto che fossero una bella coppia. In effetti tu stessa porti su di te l'imprinting di una crescita felice, serena, con persone che ti amavano e si amavano.


Tuo padre l'ho visto poco, conoscevo meglio tua mamma, ma l'impressione, l’aura che la circondava dava proprio l’idea di una donna felice, felice come moglie e come madre. E poi, diciamocelo, tu non potresti ridere come ridi se non fossi cresciuta in mezzo a risate, tra persone che sanno guardare la vita dal lato giusto e nella giusta prospettiva.


Ecco, ho avuto la conferma di questo nelle foto di famiglia che tieni in soggiorno e che ho sbirciato curioso mentre tu magari ti stavi preparando per uscire e io ti aspettavo senza sapere bene che fare. Mi piaceva ritrovarti nelle foto, vederti come eri quando ti ho conosciuta e come eri poi nelle varie nelle varie fasi della tua vita, comprese quelle fasi che mi sono perso e che non so se voglio ricostruire.


Comunque, ce ne sono alcune tra queste foto che mi hanno fatto un effetto particolare. Sono foto di te e dei tuoi quando avevi pochi mesi, a T. e sono sicuro di non sbagliare perché c'era la data scritta dietro, come si usava tempo fa. Ecco, a parte la luminosità del viso di tua mamma, che ricorda il tuo in certi momenti di felicità, e a parte il fatto che in un paio di queste foto tu sorridi già con lo stesso sorriso che hai ora, e sei già stupenda, una mi ha dato un senso di vertigine: tu sei, o meglio: ti hanno sistemata, sopra un letto, e quel letto è lo stesso dove ora dormiamo noi! e questo mi ha dato, mi dà anche adesso, un senso di continuità delle cose che non è mai stato nelle mie corde.


Pensare che in quel letto ci sia stata tanta felicità tanti anni fa e che ora in quel letto ci sia di nuovo la felicità in noi due assieme…  è come se ci fosse, nel tempo e nello spazio, un filo che sottende una storia lunga una vita, un filo d'amore di bellezza e di armonia che, anche se certamente minacciato e talvolta rovinato da dolori e dispiaceri, non si è mai rotto del tutto, più o meno come il filo che ha legato te a me in tutti questi lunghi anni, quel filo che mi porta a considerare noi due come una vecchia coppia, anche se in realtà sono pochi anni, tre, che stiamo assieme.


Sapere poi che adesso, tra pochi minuti, ti preparerò il caffè e te lo porterò a letto come ogni giorno, e sapere al tempo stesso che - come tu mi hai detto-  è la stessa cosa che faceva tuo padre a tua madre, beh, la vertigine è completa e mi ritrovo completamente sopraffatto dall'armonia di questa stupenda realtà che stiamo vivendo assieme 


Ti amo Anna


il tuo Sesto Gatto


domenica 18 ottobre 2020

Lettere ad Anna 5 - Emozioni nuove

 Anna, amore mio

anche stamattina, come tante altre, mi sono svegliato e mi sono messo a guardarti mentre respiravi piano, un po' rannicchiata sul fianco con il viso quasi nascosto dai tuoi lunghi capelli. Come tante altre volte, ti ho accarezzato lentamente, leggermente, passando la mano sui tuoi capelli, le spalle i fianchi, il sedere (beh, a dir la verità, di solito è dal sedere che parto... ) e, sempre come tante altre volte, sono rimasto stupito e meravigliato nel vederti accanto a me.

Strano. Voglio dire, perché dovrei stupirmi, meravigliarmi? è una cosa normale, no? milioni di coppie vanno a letto assieme giorno dopo giorno per tutti i giorni della loro vita. Tuo padre, tua madre, ma anche i miei, le mie sorelle con i rispettivi, e tutto, tutto uno sterminio di coppie che vanno a letto assieme e si svegliano assieme. È una cosa normale, giusto? quindi dovrebbe essere normale anche per noi due. Invece non è così, non trovo niente di normale con te, niente di scontato e niente di automatico.

Il fatto è che con te ogni cosa è fuori del normale, anche le azioni e le cose uguali, ogni volta è come se capitassero per la prima volta, e sono sempre fonte di meraviglia.

Certo, la meraviglia più grande è che tu possa amare un tipo come me, che aveva fatto della solitudine, della misantropia e della misoginia delle bandiere, che non ha mai preso sul serio la vita anzi ha sempre preso in giro chi lo faceva. Questa è una meraviglia del tipo "No, scherziamo, io con te?"

Ma poi c'è un'altra meraviglia, anzi una serie continua di meraviglie, tu che prendi le cose normali e la rendi straordinarie, uniche e irripetibili. Tu arrivi, scuoti quello che io chiamo il caleidoscopio della vita e le cose cambiano diventano più luminose, più calde, soprattutto nuove (più nuove suona male, no? o una cosa è nuova oppure no…).

Ecco, il nuovo e il bello assieme, lo stupore e la gioia di vedere incontrare le cose come se fosse la prima volta, perché a queste - magari conosciute, banali e stantie- tu doni una magia che le trasforma e rinnova.

Quando mangio con te, il cibo e il vino sono più buoni, se mi fermo a guardare il tramonto con te (albe poche, chissà perché …) è più bello e mi va dritto nel cuore, se ascolto musica con te è più armoniosa più espressiva... niente da fare, tutto, ma proprio tutto, con te diventa migliore, diventa uno strano incanto… Tò, pensa a tutte le volte che abbiamo camminato per P. mano nella mano... pietre, palazzi, case, strade, anche persone che conosco da una vita con te si tramutano e mi danno sensazioni, addirittura emozioni, che non avevo provato prima.

Ecco, forse la chiave per capire ‘sto fenomeno è proprio questa: emozioni.

La prima volta che siamo usciti assieme, tu per tante cose mi dicevi che erano emozioni, e io non capivo. arrivato a una età come la mia, mi ero costruita una corazza di cinismo, di distacco è indifferenza per cui tutte le cose apparivano distanti, superficiali, poco degne di interesse. Sì, magari apprezzavo il bello, mi piaceva, ma sempre fino a un certo punto. Non lasciavo che le cose per quanto belle e piacevoli mi coinvolgessero più di tanto. 

Ti ricordi la mostra di Van Gogh che siamo andati a vedere assieme? Beh, non era certo la prima volta che vedevo opere del genere, mi è sempre piaciuto girare per musei, leggere libri d'arte, godermi il bello, e pure quando provavo di fronte a questo o a quel quadro, a questa o quella opera, delle sensazioni che potevano anche essere scambiate per embrioni di emozioni, le cacciavo giù subito, sempre per non farmi coinvolgere e, ma questo l'ho capito dopo, con te, mi sono perso la loro vera natura. A quella mostra me ne resi conto appieno, io vivevo quelle opere, quei dipinti proprio perché tu mi tenevi per mano, mi eri vicina, il tuo amore faceva cadere le mie paure e mi sentivo libero di provare emozioni. e non era certo merito di Van Gogh, no... eri tu, tu con la tua magia che rende le cose ordinarie degli eventi straordinari.

E la tua magia è quella che ha dipinto il quadro più bello, il quadro in cui io - assieme e per te - divento una persona vera.

Ti amo Anna 


il tuo Sesto Gatto


giovedì 15 ottobre 2020

Lettere ad Anna 4 - Le stanze del cuore

 

Anna, amore mio

 Non so se ci hai fatto caso anche tu, ma nel tempo quando ci scrivevamo, magari anche poche righe, non abbiamo mai parlato dei nostri amori e delle nostre relazioni.

Non so per te, ma per me la cosa dipendeva dal fatto che non ho mai voluto darti l'idea di essere impegnato sul serio, volevo farti capire - fra le righe,  moooolto  fra le righe-  che tu eri tu e le altre... beh, altre e basta.

 Era un modo per dirti che per te ci sarebbe sempre stato un posto nel mio cuore (c'era già, a dire il vero, ma era piuttosto confuso, come qualcosa di vago che non sarebbe mai dovuto diventare definito). Un modo per dirti che eri tu la donna importante, e ci sono veramente rimasto male quando in una mail mi hai scritto "sei innamorato, lo so" -con  riferimento alla Puglia, credo. E sì che ho sempre voluto tenerti al di fuori delle mie storie, storie che non dovevano interferire con quello che provavo per te. 

 Io credo che tutti noi ci portiamo dietro amori, più o meno belli, più o meno profondi, più o meno lunghi e più o meno importanti. E abbiamo una serie di stanze nel nostro cuore, stanze che abbiamo aperto, abbiamo arredato di sentimenti ed emozioni.

 Per quanto mi riguarda, tante porte di quelle stanze - quasi tutte- ad un certo punto le ho chiuse del tutto. Altre invece rimanevano aperte, anche se solo socchiuse poco poco, e ogni tanto ci andavo, mi sedevo e le vivevo di nuovo. Magari non era un granché come piacere, ma rivivere certe emozioni mi faceva bene, mi faceva sentire un po' (proprio un pochino) vivo, con un'eco di quella che pensavo fosse felicità che mi rimbalzava le pareti di quelle stanze.

 Col tempo, alcune di quelle porte rimaste socchiuse le chiudevo come le altre, e tutto quello che c'era dentro passava In quel cafarnao di ricordi che mi porto dietro ma non mi dà più niente. perché anche se non si dimenticano, le cose ad un certo punto, se non le carichi col sentimento, vabbè, ci sono ma realmente non sono più rilevanti nella mia vita.

 Una di queste porte, naturalmente, aveva il tuo nome sopra. E non è mai stata chiusa: era sempre là, con un po' di luce che veniva fuori, solo un lumino pensando a quanta luce ho scoperto dopo fosse in quella stanza.

Però nella stanza con il tuo nome non sono mai entrato. Era aperta, invitante, ma non ci sono mai entrato. Perché avevo paura. Avevo paura di rovinare tutto, anche il ricordo, entrandoci e fantasticando su come poteva essere, su come sarebbero andate le cose, se avessi fatto quello o quell'altro o altro ancora... La tua stanza non doveva -e neanche poteva, se è per questo- confondersi con le altre in cui andavo e da cui uscivo senza problemi. La tua stanza era un segreto, un qualcosa che non voleva venisse tramutato dei vari "se"  del passato.

E infatti io quella porta della stanza quel con sopra il tuo nome non l'ho mai aperta: mi hai fatto entrare tu, in una luce che non era fantasia ma vera bellezza, vera gioia, vera felicità. E quelle porte che erano rimaste socchiuse, non ho neanche avuto bisogno di chiuderle perché si sono chiuse da sole, con discrezione e senza far rumore.

 Ti amo Anna

 il tuo Sesto Gatto

lunedì 12 ottobre 2020

Lettere ad Anna 3 - La mia vertigine e la tua magia

 Anna, amore mio,

alle volte mi capita, quando sono con te, come una scossa, una vertigine ed è come se ti vedessi per la prima volta, perché vedo in te quella ragazza che C. mi ha presentato tempo fa.

Sei proprio tu anche adesso, sai? perché magari sei cambiata di aspetto (beh, neanche tanto a dire il vero, mica come me che ho messo su un altro me stesso tra pancia e il resto!), ma quello che hai dentro è sempre quella bellezza, quello stupore e amore per le cose della vita, quella capacità di ridere di sorridere di apprezzare e di divertirti, di aprire la bocca per meravigliarti come una bambina... La tua magia è quella di vedere le cose come fossero sempre nuove e diverse, di fermarti e illuminare anche per me la realtà, bella o brutta che possa essere.

 È la tua magia, il tuo incanto, ciò per cui se mangiamo assieme riso in bianco con piselli lo assaporo come se stessi mangiando una prelibatezza 

francese, se andiamo a passeggiare la luce è diversa, vedo colori che prima non vedevo, sento profumi che molto probabilmente ci saranno sempre stati ma ai quali non badavo, impegnato come ero ad attraversare la vita di corsa, anzi, di striscio, come mi piaceva dire.

 La vertigine di vederti come se fosse la prima volta e quindi la vertigine di scoprire un mondo nuovo, un mondo un po' bizzarro dove quello che vedo, quello che sento, tocco, assaporo è filtrato e mi arriva attraverso te, e così sono le emozioni e sentimenti di amore di amicizia di complicità che prendono il posto, sovrastano e guidano i sensi del corpo fisico.

 E la luce dei tuoi occhi rende le cose più belle, la tua risata crea luci colorate, il tuo sorriso mi accarezza il cuore e mi fa sentire vivo. Perché è questo il vero dono del tuo amore: la vita che prima non mi interessava è diventata ditta vera. Tu fai / hai fatto in modo che io riconoscessi me stesso in questa vita.

 Grazie, infinite grazie a te Anna, amore mio

 

il tuo Sesto Gatto

sabato 10 ottobre 2020

Lettere ad Anna 2 - Mi sono innamorato di te

 

Anna, amore mio


ti ho detto tante volte che sono innamorato di te, ma la prima volta è stata una cosa unica e fa storia a sé. Una cosa unica e diversa da tutte le altre per un semplice fatto: avevo un mal di stomaco nervoso che non so quanto sono riuscito a nascondere e a sembrare a posto quando ti ho detto "Mi sono innamorato di te".


Le budella non posso dire che fossero attorcigliate, erano un blocco unico di cemento, anzi neanche di cemento, di quella malta con dentro sassi, pietre, vetri, sabbia, marmo e che fa un brutto vedere lungo certe ferrovie. un peso che mi faceva anche sudare, come quando hai la febbre, un sudore freddo come quando...  mmm... come quando hai febbre, l'ho già detto… ecco, come quando vedi un fantasma o uno spirito maligno (ebbene sì, ne ho visti - ma questa è un'altra storia).


Comunque, fisicamente mi sentivo una mozzarella andata a male, mentre l'amico Fritz, quello che mi fa da cattivo consigliere ed avvocato del diavolo, mi diceva cose del tipo:

"Ehi, scherzerai mica, vero? mica ti caccerai in un'altra storia che poi lei ti pianta e tu non ti tiri più su neanche con il cric?"

"E se poi ti dice no? bella figura di m****, sai che storia, ti prenderanno per il c*** fino alla morte"

"Ma cosa vuoi che le interessi uno come te, che sei uno sfigato senza arte né parte, uno che ha buttato via la vita di qua e di là "

"E se poi ti dice sì, che anche lei ti vuole bene? e poi magari se ne torna a Londra? Eh? Allora che fai, eh?"


... ecco, l'amico Fritz continuava a dirmi cose del genere, il che di solito funzionava, e allora scappavo a gambe levate, e invece stavolta mi son detto che l'amico non aveva capito un c**** e che stavolta era diverso. Una parte di me diceva che questa era la volta giusta, e tu eri quello che avevo sempre cercato e se non ti  avessi detto quali erano i miei sentimenti, se non avessi rischiato ed accettato la tua risposta, qualunque fosse stata, avrei buttato via di nuovo la mia vita.


Quindi te lo dissi e ora te lo ripeto: Anna, sono innamorato di te.


il tuo Sesto Gatto


giovedì 8 ottobre 2020

Lettere ad Anna 1 - Lettere, lettere

Anna, amore mio

queste non sono le prime lettere che ti scrivo, e ho la vaga idea che non saranno neanche le ultime. Certo, di lettere negli anni (tanti anni... ) ce ne siamo scritte tutti e due, e oltre alle tue lettere ho  conservato anche le buste in cui me le spedivi, buste con cento ghirigori e disegni che solo tu capivi, quando ancora ti firmavi Annetta, con la A maiuscola cerchiata...


E dalle lettere alle più scarne e fredde e-mail il passo è stato breve, poi dalle e-mail agli sms, le comunicazioni si sono per così dire ristrette, come un brodo che cuoce e bolle a lungo, ma proprio come un brodo si sono anche un po' concentrate, e ogni volta, con sempre meno parole, abbiamo continuato a tendere fra di noi un filo, un filo colorato che da parte mia voleva solo dire una cosa, voleva dire che ti volevo bene e che, anche se distanti, anche se assieme ad altre donne (io) o in storie di vario genere, eri sempre un po' con me.


E adesso? Perché ti scrivo ancora lettere, quando magari tu sei nella stanza vicina, con un coro di fusa che accompagna il tuo ronfare leggero?  Bella domanda. perché mi piace scrivere, perché non so cosa fare la mattina presto aspettando il tuo risveglio. Forse per lasciare una… (ops! mi è venuta in mente la parola "testimonianza" ma è meglio che la cancelliamo, ecco: testimonianza). Forse solo perché mi piace scriverti, mi piace scrivere e non c'è bisogno di altri motivi.


E dicendola fino in fondo, motivi veri non ce ne sono, sono le stesse cose che ti ho detto / ti dico un sacco di volte e che, gira e rigira, vogliono solo dire una cosa: che ti amo, Anna, ti amo e basta. Le stesse cose che ti dico abbracciandoti o tenendoti per mano, le stesse che ti dico piano quando sono sveglio di fianco a te e ti guardo dormire. senza però la paura di svegliarti, come succede quando mi metto lentamente accanto a te, sorridendo al tuo ronfare, mi avvicino quel tanto che basta per accarezzarti i capelli alla luce dell'alba-che per me è già giorno. Le stesse cose che ripeto di continuo, forse melense e forse scontate, ma per me ogni volta nuove e felici, come se fosse la prima volta che te le dico.


E adesso vorrei parlarti della prima volta che ti ho detto che ero innamorato di te... ma è un'altra storia, Per ora mi fermo qui, amore mio


il tuo  Sesto Gatto