Anna,
amore mio
Non
so se ci hai fatto caso anche tu, ma nel tempo quando ci scrivevamo, magari
anche poche righe, non abbiamo mai parlato dei nostri amori e delle nostre
relazioni.
Non
so per te, ma per me la cosa dipendeva dal fatto che non ho mai voluto darti
l'idea di essere impegnato sul serio, volevo farti capire - fra le
righe, moooolto fra le righe- che tu eri tu e le altre... beh,
altre e basta.
Era
un modo per dirti che per te ci sarebbe sempre stato un posto nel mio cuore
(c'era già, a dire il vero, ma era piuttosto confuso, come qualcosa di vago che
non sarebbe mai dovuto diventare definito). Un
modo per dirti che eri tu la donna importante, e ci sono veramente rimasto male
quando in una mail mi hai scritto "sei innamorato, lo so" -con riferimento alla Puglia, credo. E sì che ho
sempre voluto tenerti al di fuori delle mie storie, storie che non dovevano
interferire con quello che provavo per te.
Io
credo che tutti noi ci portiamo dietro amori, più o meno belli, più o meno profondi,
più o meno lunghi e più o meno importanti. E abbiamo una serie di stanze nel
nostro cuore, stanze che abbiamo aperto, abbiamo arredato di sentimenti ed
emozioni.
Per
quanto mi riguarda, tante porte di quelle stanze - quasi tutte- ad un certo
punto le ho chiuse del tutto. Altre invece rimanevano aperte, anche se solo
socchiuse poco poco, e ogni tanto ci andavo, mi sedevo e le vivevo di nuovo.
Magari non era un granché come piacere, ma rivivere certe emozioni mi faceva
bene, mi faceva sentire un po' (proprio un pochino) vivo, con un'eco di quella
che pensavo fosse felicità che mi rimbalzava le pareti di quelle stanze.
Col tempo, alcune di quelle porte rimaste socchiuse le chiudevo come le altre, e
tutto quello che c'era dentro passava In quel cafarnao di ricordi che mi porto
dietro ma non mi dà più niente. perché anche se non si dimenticano, le cose ad
un certo punto, se non le carichi col sentimento, vabbè, ci sono ma realmente
non sono più rilevanti nella mia vita.
Una
di queste porte, naturalmente, aveva il tuo nome sopra. E non è mai stata
chiusa: era sempre là, con un po' di luce che veniva fuori, solo un lumino
pensando a quanta luce ho scoperto dopo fosse in quella stanza.
Però
nella stanza con il tuo nome non sono mai entrato. Era aperta, invitante, ma
non ci sono mai entrato. Perché avevo paura. Avevo paura di rovinare tutto,
anche il ricordo, entrandoci e fantasticando su come poteva essere, su come
sarebbero andate le cose, se avessi fatto quello o quell'altro o altro
ancora... La tua stanza non doveva -e neanche poteva, se è per questo-
confondersi con le altre in cui andavo e da cui uscivo senza problemi. La tua
stanza era un segreto, un qualcosa che non voleva venisse tramutato dei vari
"se" del passato.
E
infatti io quella porta della stanza quel con sopra il tuo nome non l'ho mai
aperta: mi hai fatto entrare tu, in una luce che non era fantasia ma vera
bellezza, vera gioia, vera felicità. E quelle porte che erano rimaste socchiuse,
non ho neanche avuto bisogno di chiuderle perché si sono chiuse da sole, con
discrezione e senza far rumore.
Ti
amo Anna
il
tuo Sesto Gatto