giovedì 15 ottobre 2020

Lettere ad Anna 4 - Le stanze del cuore

 

Anna, amore mio

 Non so se ci hai fatto caso anche tu, ma nel tempo quando ci scrivevamo, magari anche poche righe, non abbiamo mai parlato dei nostri amori e delle nostre relazioni.

Non so per te, ma per me la cosa dipendeva dal fatto che non ho mai voluto darti l'idea di essere impegnato sul serio, volevo farti capire - fra le righe,  moooolto  fra le righe-  che tu eri tu e le altre... beh, altre e basta.

 Era un modo per dirti che per te ci sarebbe sempre stato un posto nel mio cuore (c'era già, a dire il vero, ma era piuttosto confuso, come qualcosa di vago che non sarebbe mai dovuto diventare definito). Un modo per dirti che eri tu la donna importante, e ci sono veramente rimasto male quando in una mail mi hai scritto "sei innamorato, lo so" -con  riferimento alla Puglia, credo. E sì che ho sempre voluto tenerti al di fuori delle mie storie, storie che non dovevano interferire con quello che provavo per te. 

 Io credo che tutti noi ci portiamo dietro amori, più o meno belli, più o meno profondi, più o meno lunghi e più o meno importanti. E abbiamo una serie di stanze nel nostro cuore, stanze che abbiamo aperto, abbiamo arredato di sentimenti ed emozioni.

 Per quanto mi riguarda, tante porte di quelle stanze - quasi tutte- ad un certo punto le ho chiuse del tutto. Altre invece rimanevano aperte, anche se solo socchiuse poco poco, e ogni tanto ci andavo, mi sedevo e le vivevo di nuovo. Magari non era un granché come piacere, ma rivivere certe emozioni mi faceva bene, mi faceva sentire un po' (proprio un pochino) vivo, con un'eco di quella che pensavo fosse felicità che mi rimbalzava le pareti di quelle stanze.

 Col tempo, alcune di quelle porte rimaste socchiuse le chiudevo come le altre, e tutto quello che c'era dentro passava In quel cafarnao di ricordi che mi porto dietro ma non mi dà più niente. perché anche se non si dimenticano, le cose ad un certo punto, se non le carichi col sentimento, vabbè, ci sono ma realmente non sono più rilevanti nella mia vita.

 Una di queste porte, naturalmente, aveva il tuo nome sopra. E non è mai stata chiusa: era sempre là, con un po' di luce che veniva fuori, solo un lumino pensando a quanta luce ho scoperto dopo fosse in quella stanza.

Però nella stanza con il tuo nome non sono mai entrato. Era aperta, invitante, ma non ci sono mai entrato. Perché avevo paura. Avevo paura di rovinare tutto, anche il ricordo, entrandoci e fantasticando su come poteva essere, su come sarebbero andate le cose, se avessi fatto quello o quell'altro o altro ancora... La tua stanza non doveva -e neanche poteva, se è per questo- confondersi con le altre in cui andavo e da cui uscivo senza problemi. La tua stanza era un segreto, un qualcosa che non voleva venisse tramutato dei vari "se"  del passato.

E infatti io quella porta della stanza quel con sopra il tuo nome non l'ho mai aperta: mi hai fatto entrare tu, in una luce che non era fantasia ma vera bellezza, vera gioia, vera felicità. E quelle porte che erano rimaste socchiuse, non ho neanche avuto bisogno di chiuderle perché si sono chiuse da sole, con discrezione e senza far rumore.

 Ti amo Anna

 il tuo Sesto Gatto

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Miao