martedì 21 dicembre 2021

Di corsa!


 Il Prato della Valle a Padova è una delle piazze più conosciute al mondo. Però chi pensa di vederlo ora come fosse sempre stato così, sbaglia. La forma che ha ora risale al 1797, e fino a quel tempo era stata una semplice spianata utilizzata per vari e diversi scopi: era stato luogo di riunioni  pubbliche e funzioni religiose, mercato (beh, questo è durato nei secoli...), sede di un teatro nel periodo romano, fiere di bestiame, ecc. ecc.

Venne anche utilizzato come pista per corse di cavalli (e non solo cavalli, come vedremo...) in ricorrenze particolari  a iniziare dal 1275 quando il comune stabilì che ogni 12 giugno (ricorrenza della caduta di Ezzelino) si tenesse una corsa di cavalli barberi (che qui si deve intendere come cavalli sciolti), e il premio al vincitore consisteva in un panno scarlatto lungo 12 braccia, chiamato palio, perché il pallium era il mantello rosso che Romani portavano sulle spalle. Un'altra occasione di corse celebrative fu, dopo il 1420, il 17 settembre di ogni anno, per festeggiare l'unione di Padova alla Serenissima. 

Alcune di queste corse non riguardavano solo i cavalli sciolti,  ma anche le corse dei cavalli con fantini, le corse molto popolari delle carrette o delle bighe, la corsa degli asini e la corsa delle... meretrici!  Personalmente, non ho mai avuto nessun altro riscontro né in Italia né nel resto del mondo  di  una corsa con questo genere di concorrenti,  anche se pare fosse molto apprezzata,  organizzata soprattutto per far bella figura ospiti illustri: le cronache ricordano che nel 1667,  in occasione dei festeggiamenti a Ferdinando Duca di Baviera e Carlo Emanuele di Savoia  che erano venuti a Padova ospiti di Pio Enea degli Obizzi,  venne organizzata " una solenne corsa di barberi, ronzini, asini e donne da partito" (termine abitualmente usato per definire le prostitute).

Certo, si trattava di una cosa ignobile, ma all'epoca il rispetto delle persone e della dignità umana era quello che era -soprattutto delle donne in generale, figuriamoci poi delle prostitute... Tempi andati, speriamo, anche se ogni tanto qualcosa del genere disgraziatamente salta ancora fuori. 


Cfr.  O. Brentani, Guida di Padova, 1891


PS
A dir la verità, erano importanti anche le corse dei lacché, ma di questo ne parleremo un'altra volta...


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se poi 'sto genere di roba piace...









lunedì 13 dicembre 2021

Successi letterari di grandi dittatori

Uno dei libri più venduti nella storia è stato senza dubbio il Libretto Rosso, ovvero le "Citazioni dalle opere del presidente Mao Tse-tung", pubblicate per la prima volta nel 1963, una raccolta di aforismi e citazioni di vario genere e argomento, dalla politica alla questione femminile all'allevamento nelle fattorie alla necessità di tenersi allenati nel lancio di granate. Libro must della Rivoluzione Culturale, negli anni della contestazione conobbe una enorme popolarità, venne tradotto e venduto praticamente dovunque (ne avevo anch'io una vecchia copia in una cassa in garage) e si stima che sia il secondo libro più più venduto dopo la Bibbia. 

Naturalmente, fu in Cina che il Libretto conobbe la sua massima diffusione anche se la sua popolarità era per così dire... diciamo un po' guidata, ecco. Certo, lo studio del pensiero di Mao non divenne mai ufficialmente un obbligo di legge, come il Ruhnama di Niyazov, però il fatto che fosse una materia scolastica obbligatoria in tutti i gradi e e dovunque si facesse formazione, dalle campagne alle fabbriche all'esercito, beh, sì, questo contribuì alla vendita del libro.

Un altro buon incentivo alle vendita fu che, anche se nemmeno l'obbligo di possesso dell'opera del Grande Timoniere fu mai sancito per legge..., beh, non era un caso che le dimensioni stesse del libretto fossero state studiate apposta per poterlo sistemare nella tasca superiore della zhongshanzhuang, la cosiddetta "giacca maoista" in uso all'epoca, (anche sui dittatori come influencer di moda ce ne sarebbe da dire...) così come non era un caso che le Guardie Rosse potessero chiedere a chiunque di esibire il libretto e di prendere a bastonate o addirittura spedire in campi di lavoro forzato (di "rieducazione") quelli che non l'avevano con sé.  Esempio di come talvolta alla libertà di scrittura si dovrebbe accompagnare la libertà di lettura...

Il Libretto Rosso conobbe diverse edizioni negli anni e diverse parodie (tra queste I pensieri del generale, spassose citazioni di De Gaulle, altro libercolo che avevo, chissà che fine ha fatto) e vanta anche diversi tentativi di imitazione, come lo slogan della Settimana Enigmistica.

Una di queste imitazioni fu quella di "Papa Doc" Duvalier, dittatore di Haiti, che, volendo entrare anch'egli nella rosa dei grandi scrittori rivoluzionari, nel 1968 diede alle stampe le sue Oeuvres essentiels, che imitavano il Libretto di Mao anche nelle dimensioni e nel colore rosso della copertina. Deluso dalle scarse vendite, non potendo servirsi di servigi come quelli delle Guardie Rosse (a differenza di queste ultime, che sapevano leggere e scrivere, i Tonton macoutes di Papa Doc difficilmente sarebbero stati in grado di distinguere le  Oeuvres essentiels da un fumetto di Topolino), il dittatore trovò ugualmente il modo di rendere popolare il proprio lavoro: fece consegnare una copia del libro a tutti i dipendenti statali -e fece pure trattenere 15 dollari dal salario di ognuno, ça va sans dire.


Fonti:

  • Wikipedia
  • K. Shaw, Power Mad!, Michael O'Mara books, 2004
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