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domenica 22 ottobre 2023

La leggenda della torre e delle margherite (racconto)

 

La Torre e la Margherite

La storia di Lucinda e Lovello è la storia tragica di un amore contrastato, e potrebbe sembrare simile a molte altre vicende, ma ugualmente vale la pena di essere raccontata per una particolarità che la rende veramente unica.

Era Lucinda la giovane e bella moglie di Giovanardo Acquamorta, un rozzo signorotto molto più vecchio della sposa che viveva in un castello poco lontano da Jesi, mentre Lovello era un soldato di ventura che arrivava dal nord e che, stanco di guerre e di armi, aveva deciso di tornare alla propria casa, sul mare, e di fermarsi per mettere su famiglia.

Nel suo viaggio, il reduce arrivò al castello e chiese di poter dormire nella corte e di prendere un po’ d’acqua dal pozzo prima di continuare il suo cammino. Proprio vicino al pozzo, però, incontrò Lucilla e fra i due fu amore a prima vista. Decisero di fuggire assieme quella stessa notte e di raggiungere Senigallia per poi imbarcarsi verso lidi remoti e così fecero, e quando la loro fuga venne scoperta e Giovanardo, colmo d’ira, mandò i suoi uomini a cercarli, loro erano già lontani, prossimi alla meta, e certamente avrebbero fatto in tempo a sfuggire agli inseguitori.

Accadde però che, attraversando le colline attorno a Montignano, da dove già si vedeva il mare vicino, si fermarono all’ombra di una vecchia torre di guardia diroccata per riprendere fiato. Era questo un luogo meraviglioso: attorno alla torre era tutto un incanto di prati con fiori di mille e mille colori e mille profumi, e attorno a loro si sentiva solo la melodia di uccelli che svolazzavano tra viti e alberi carichi di frutti. Caddero allora vittime della malìa del posto e, dimentichi di essere braccati, si fermarono per fare all’amore, e, presi dalla passione, persero la cognizione del tempo.

Questo ritardo fu loro fatale: vennero sorpresi dagli uomini del Giovanardo e uccisi mentre erano ancora abbracciati l’uno all’altra. Il capo degli sgherri, dopo essersi assicurato della loro morte, li abbandonò là, come gli aveva comandato il suo padrone, senza dar loro sepoltura, perché venissero sbranati dai lupi attirati dal loro sangue.

La leggenda vuole però che nella torre abbandonata vivesse un vecchia maga e che questa fece sì che da quello stesso sangue sparso sul prato sbocciassero subito migliaia e migliaia di margherite che ricoprirono completamente i corpi dei due infelici amanti preservandoli così dalla fame degli animali.

Quella torre esiste ancora, e sono molte le coppie di giovani che vanno a giurarsi eterno amore su quello che fu l’incantevole ma tragico scenario della storia d’amore di Lucinda e Lovello. Ma c’è un altro motivo che spinge gli innamorati verso questa valle, e qui la leggenda non c’entra, si tratta piuttosto di una curiosità -o di un mistero, se si preferisce- di carattere scientifico, oggetto di verifiche e studi da botanici di tutto il mondo che però non hanno mai saputo fornire spiegazioni valide a riguardo: tutte le margherite che sbocciano attorno alla torre hanno i petali dispari.

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PS
a scanso di equivoci... questa leggenda è inventata, e non credo esistano specie di margherite che hanno solo petali dispari, anche se sarebbe bello. 😉

sabato 19 agosto 2023

Palnatoke, in arte Guglielmo Tell

 

La storia di Guglielmo Tell la conosciamo tutti, e, come tanti, ci domandiamo se è una leggenda oppure no.

Con buona pace dei vicini svizzeri, diciamolo subito e fuori dai denti: questo personaggio non è mai esistito, o meglio: non è mai esistito in Svizzera perché Gugielmo Tell è danese!

Prendiamo in mano (beh, quasi: andiamo su Internet Archive -Dio li benedica- visto che c'è la versione online) i Gesta Danorum, un'opera dello storico Saxo Grammaticus del XII secolo, e scopriamo la storia di Palnatoke, che si svolge sotto il regno dal re danese Harold (911-987).

Stando al racconto di Saxo Grammaticus, Palnatoke (detto anche Toko, o Tokyo) era uno jarl (un guerriero nobile) vichingo di Jomsborg, che durante un banchetto si mette a vantare un po' troppo le sue abilità di arciere dicendo di essere in grado di colpire una mela anche piccola posata su una caraffa di vino alla distanza di 100 passi.

Il re allora decide di metterlo alla prova ma, da buona carognetta, pensa bene di far utilizzare come appoggio della mela non la caraffa ma la testa del figlio di Palnatoke e gli dice che se sbaglia e ammazza il figlio, poi il re avrebbe fatto ammazzare anche lui per... millantato credito, diremmo oggi.

Comunque Palntaoke accetta (non che avesse una qualche possibilità di scelta, intendiamoci), tira fuori tre frecce dalla sua faretra e le pianta per terra, pronte. Ad un segnale di Harold, prende una freccia, tende l'arco e tira: mela presa, figlio salvo, la gente applaude.

Harold però domanda perché avesse preparato tre frecce e l'arciere risponde che se avesse sbagliato e preso il figlio, la seconda freccia sarebbe stata per il re e la terza per se stesso. Allora Palnatoke viene imprigionato, però poi riesce a scappare dalla prigione e a far fuori il re cattivo.

La storia, che peraltro è narrata anche in altre saghe nordiche, è poi partita verso sud, ha attraversato la Germania, è arrivata in Svizzera e qua gli elvetici se la sono tenuta, l'hanno cambiata (ma poco poco), l'hanno ambientata ad Altdorf, hanno dato al vichingo Palnatoke un bel nome tedesco nuovo di zecca, Wilhelm Tell, e l'han fatta propria, e da allora quest'arciere è più svizzero della cioccolata e degli orologi a cucù.


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Cfr.
Gesta danorum online: Saxonis Grammatici Gesta Danorvm
Wikipedia (voci: Gesta danorum, Guglielmo Tell, Palnatoke)
G. Breton, Les beaux mensognes de l'histoire, France Loisirs, 1999


Nella foto la statua di Guglielmo Tell ad Altdorf. A onor del vero, va detto che è dal 1901 che la storia di Guglielmo Tell è stata tolta dai libri di storia svizzeri.