martedì 25 maggio 2021

L'odore dei pesci


I tutti i biografi sono concordi nello stabilire che fu quasi per caso che Olindo Martinoni divenne l'importante ricercatore che tutti conoscono e che ci lasciò il poderoso trattato "Odore dei pesci", ancor oggi riferimento unico e principe per tutti gli studiosi di psarimirodiologia.

All'epoca, nel 1922, il Martinoni era un semplice pescatore a fiocina che grazie alla potenza dei polmoni (poteva restare sott'acqua in apnea per oltre 10 minuti) si occupava anche del recupero di oggetti perduti in mare sul litorale toscano tra Piombino e Follonica. Fu qui che una mattina si imbatté in una squadra di studiosi dell'Università di Genova che cercavano di stabilire i tempi di decomposizione di una cernia in base al cambiamento di odore. 

Interpellato dagli studiosi per sapere da quanto tempo, in base alla propria esperienza, la cernia era stata pescata, Il Martinoni rispose che non si intendeva di pesci morti, lui quello che pescava lo portava subito al mercato, però fece loro notare che l'odore della cernia da viva, in mare, era alquanto diverso, era molto buono ricordava il gelsomino in fiore ma che, come tutti i pesci perdeva il suo odore quando usciva dall'acqua. Stupiti, gli studiosi vollero saperne di più e così scoprirono che l'uomo aveva la capacità unica di sentire gli odori anche sott'acqua, e la loro meraviglia a sua volta stupì il pescatore, che pensava fosse questa una capacità comune a tutti gli esseri umani.

Fu grazie a questo incontro che l'abilità del Martinoni venne adeguatamente sfruttata, e sotto la guida degli stessi studiosi iniziò un lavoro di ricerca e studio che durò per parecchi anni e che portò ad identificare l'odore naturale che i pesci hanno nel loro habitat. Quasi tutta la fauna ittica delle coste tirreniche e del mar Ligure venne annusata e opportunamente schedata, ed è solo grazie al Martinoni che possiamo sapere ad esempio che la spigola ha un odore pungente di erba tagliata, il cefalo invece profuma come le bucce di agrumi, il dentice ha un aroma penetrantedi pipì di gatto siamese,  il tonno sa di olio combusto, ecc. ecc...: gli appassionati possono sempre rifarsi allo studio già citato per avere riferimenti completi. 

Va detto che non fu una ricerca semplice e che ci furono studiosi (di altre università) che non vollero riconoscerne la piena validità scientifica in quanto non ci poteva essere alcuna verifica oggettiva, e insinuavano che la ricciola magari non odorava veramente di aceto di mele, come affermava il Martinoni, e che poteva anche odorare di pneumatico bruciato, o di sapone di Marsiglia. Col tempo però i detrattori, non potendo a loro volta confutare il lavoro fatto, ritirarono le loro accuse e ormai tutto il mondo scientifico è concorde nel riconoscere i meriti del pescatore toscano e la validità della ricerca svolta.

venerdì 21 maggio 2021

lunedì 17 maggio 2021

L'uomo che si scioglie

 L'uomo brodo

Come racconta egli stesso, fu nel periodo della pubertà che Evarisio Prabella  si accorse che in determinate occasioni, quando era accaldato per essere stato troppo al sole o dopo una partita di calcio con gli amici, la normale sudorazione non si fermava ma anzi persisteva e l'intero suo corpo tendeva a sciogliersi e tornava alla condizione originaria solo quando lui oppure l'ambiente attorno a lui subiva un raffreddamento.

Quando ne parlò a casa, allarmato perché pensava ad una grave malattia, fu suo padre a tranquillizzarlo spiegandogli che c'erano già stati diversi altri casi come il suo in famiglia e che non c'era niente di cui avere paura anche se, naturalmente, c'erano da prendere alcune necessarie precauzioni. In questo modo, con l'appoggio di tutta la famiglia, Evarisio fu pronto ad affrontare e convivere con il suo singolare disturbo quando questo, verso i vent'anni,  si stabilizzò e divenne cronico. 

Da quel periodo in avanti, fino a oggi e si spera per molti altri anni ancora, Evarisio Prabella  vive nella singolare condizione di potersi trasformare, in presenza di fonti di calore sia naturali che artificiali, in un vero e proprio brodo di carne. Per ovviare a questo, l'uomo porta sotto gli abiti un impianto di refrigerazione a batteria che mantiene il suo corpo ad una temperatura ideale di 1-2 gradi sopra lo zero, permettendogli in tal modo di aver una vita perfettamente normale, un buon lavoro e diverse attività sociali e culturali.

Quest'impianto di refrigerazione però alle volte diventa un po' fastidioso e allora, quando non ha obblighi di lavoro o di altro genere, Evarisio preferisce non utilizzarlo. La cosa in genere non crea problemi perché la sua trasformazione non avviene in modo immediato ma si sviluppa gradualmente e lui ha tutto il tempo di porci rimedio abbassando in qualche modo la temperatura del corpo o semplicemente recandosi in un luogo più freddo. Ad esempio, nel quartiere dove abita, soprattutto nelle afose giornate d'estate, capita di vederlo entrare nella bottega del macellaio per chiedere di ospitarlo per un po' nella cella frigorifera o di entrare in un bar e chiedere di poter accomodarsi nella cassa dei gelati fino al ripristino della sua condizione, e va detto che queste son richieste che vengono esaudite con piacere e lui è una persona simpatica, è benvoluto da tutti nel quartiere ed è un piacere stare in sua compagnia.

A casa però, nella tranquillità dell'ambiente domestico, confessa che gli piace alzare per un po' il termostato fino ad una temperatura attorno ai 26 gradi, perché a quella temperatura il suo corpo si trasforma in una specie di gelatina che, pur permettendogli le normali attività, gli risulta particolarmente gradevole e rilassante anche se deve stare attento a non addormentarsi davanti alla televisione per non risvegliarsi colato sul pavimento. E poi Evarisio, che non si è mai sposato e vive da solo, ama i bambini e i suoi nipotini sono sempre contenti di andare a trovare lo zio perché gli ficcano le dita nel corpo e ridono come matti quando tirano via di colpo il dito e il corpo dello zio fa "flusc!" quando si richiude. A dir la verità, le dita infilate gli fanno solletico, ma lui lascia fare perché gli piace troppo sentire i bambini ridere.