martedì 29 giugno 2021

Il violinista dimenticato


Anche se il suo nome viene pronunciato raramente e sempre con qualche imbarazzo da parte di critici e musicisti contemporanei, Gualberto Rigadoni è stato un violinista eccezionale, probabilmente il virtuoso più dotato e capace del ventesimo secolo.

Rigadoni iniziò a suonare il violino all'età di 3 anni e già a 5 si esibiva suonando sia da solista che in compagini orchestrali e prima di arrivare alla maggiore età aveva già raggiunto una fama tale da essere considerato alla pari se non superiore al grande Paganini.  Raccolse sempre enormi successi e unanimi riconoscimenti sia del pubblico che della critica anche se la sua capacità espressiva e la sua padronanza tecnica erano talmente eccelse da causare tra gli altri violinisti, anche quelli più importanti e quotati, una vera sindrome depressiva che in diversi casi portò al suicidio degli sventurati. 

Divenne anche enormemente ricco grazie ai suoi ingaggi per cifre esorbitanti, poteva chiedere qualunque cifra per le sue prestazioni ed era sempre accontentato, così come era richiestissimo e conteso da tutte le più prestigiose orchestre e rimase famosa nelle cronache la lite furibonda al foyer dell'Opera di Parigi tra Carlos Kleiber e Leonard Bernstein, finita a pugni e calci tra i due maestri che si contendevano la firma dell'artista.

Al culmine della sua gloria, per poter "vivere meglio" il proprio strumento, Rigadoni in una clinica svizzera si fece innestare il suo amato violino (un Guarneri del Gesù del 1737) direttamente sulla spalla sinistra, mentre la mano destra venne amputata e sostituita da un archetto in ebano. Il dover convivere con questi strumenti come appendici del suo corpo utilizzandoli anche durante le incombenze di vita normali, come guidare la macchina, lavarsi, mangiare, ecc., accrebbe ancor più la sua maestria e padronanza dello strumento anche se, va detto, non riuscì più a trovare un sarto che gli confezionasse un frac su misura ed era costretto ad esibirsi in accappatoio.

Pur attraverso le comprensibili critiche e accuse utilizzo di mezzi immorali, la scelta radicale operata del Rigadoni venne accettata in nome della indiscutibile qualità delle sue esecuzioni che raggiunse vette fino ad allora impensabili. Questa scelta fu però anche l'inizio della sua fine quando scoppiò lo scandalo Henriquez Dedoshierro, un chitarrista classico spagnolo che seguendo l'esempio del grande violinista si era fatto innestare al posto delle dita delle mani dei sottili plettri d'acciaio e che ebbe un'emorragia fatale scaccolandosi il naso.

Critici e nemici del Rigadoni tornarono all'attacco, l'opinione pubblica li seguì e in ogni stato vennero approvate leggi che vietarono gli innesti e trapianti nel corpo umano di strumenti  a scopo musicale. In questo modo, il violinista cadde in disgrazia, non trovò più nessun ingaggio e finì esibendosi per  pochi soldi come fenomeno da baraccone in piccoli circhi di periferia.







martedì 25 maggio 2021

L'odore dei pesci


I tutti i biografi sono concordi nello stabilire che fu quasi per caso che Olindo Martinoni divenne l'importante ricercatore che tutti conoscono e che ci lasciò il poderoso trattato "Odore dei pesci", ancor oggi riferimento unico e principe per tutti gli studiosi di psarimirodiologia.

All'epoca, nel 1922, il Martinoni era un semplice pescatore a fiocina che grazie alla potenza dei polmoni (poteva restare sott'acqua in apnea per oltre 10 minuti) si occupava anche del recupero di oggetti perduti in mare sul litorale toscano tra Piombino e Follonica. Fu qui che una mattina si imbatté in una squadra di studiosi dell'Università di Genova che cercavano di stabilire i tempi di decomposizione di una cernia in base al cambiamento di odore. 

Interpellato dagli studiosi per sapere da quanto tempo, in base alla propria esperienza, la cernia era stata pescata, Il Martinoni rispose che non si intendeva di pesci morti, lui quello che pescava lo portava subito al mercato, però fece loro notare che l'odore della cernia da viva, in mare, era alquanto diverso, era molto buono ricordava il gelsomino in fiore ma che, come tutti i pesci perdeva il suo odore quando usciva dall'acqua. Stupiti, gli studiosi vollero saperne di più e così scoprirono che l'uomo aveva la capacità unica di sentire gli odori anche sott'acqua, e la loro meraviglia a sua volta stupì il pescatore, che pensava fosse questa una capacità comune a tutti gli esseri umani.

Fu grazie a questo incontro che l'abilità del Martinoni venne adeguatamente sfruttata, e sotto la guida degli stessi studiosi iniziò un lavoro di ricerca e studio che durò per parecchi anni e che portò ad identificare l'odore naturale che i pesci hanno nel loro habitat. Quasi tutta la fauna ittica delle coste tirreniche e del mar Ligure venne annusata e opportunamente schedata, ed è solo grazie al Martinoni che possiamo sapere ad esempio che la spigola ha un odore pungente di erba tagliata, il cefalo invece profuma come le bucce di agrumi, il dentice ha un aroma penetrantedi pipì di gatto siamese,  il tonno sa di olio combusto, ecc. ecc...: gli appassionati possono sempre rifarsi allo studio già citato per avere riferimenti completi. 

Va detto che non fu una ricerca semplice e che ci furono studiosi (di altre università) che non vollero riconoscerne la piena validità scientifica in quanto non ci poteva essere alcuna verifica oggettiva, e insinuavano che la ricciola magari non odorava veramente di aceto di mele, come affermava il Martinoni, e che poteva anche odorare di pneumatico bruciato, o di sapone di Marsiglia. Col tempo però i detrattori, non potendo a loro volta confutare il lavoro fatto, ritirarono le loro accuse e ormai tutto il mondo scientifico è concorde nel riconoscere i meriti del pescatore toscano e la validità della ricerca svolta.

venerdì 21 maggio 2021