La libreria, a vederla, pareva più un tempio che un normale negozio: gli infissi erano di legno massiccio, scuro e lucido, le vetrate leggermente abbrunate mettevano in mostra solo pochi, eletti, volumi sopra raffinati espositori sempre in legno e a fianco dell’entrata due colonne in marmo reggevano una lastra, anch’essa in marmo, su cui era inciso a caratteri dorati: “Libreria Grifoni dal 1824”.
Il taxi accostò, ne scese una
signora molto elegante e molto ingioiellata che guardò per un attimo l’imponente
insegna, poi rapidamente passò due banconote all’autista dicendo: «Tenga pure
il resto.», e senza un saluto si girò ed entrò nella libreria. L’autista guardò
le due banconote da 10 euro che gli aveva dato la signora e dentro di sé fece la
semplice considerazione “Costo corsa euro 19 e 20 centesimi, pagato euro 20,
mancia 80 centesimi. Una principessa.” Poi, sospirando e pensando che è proprio
vero che le tasche dei vestiti dei ricchi le fanno a chiocciola, dove i soldi
entrano e non vengono più fuori, guardò nello specchietto retrovisore e si
reinserì nel traffico della città, traffico intenso come se tutti dovessero andare
a concludere qualcosa prima dell’arrivo ormai vicino dell’estate.
All’interno, la libreria era
silenziosa. Due visitatori, parlottando fra di loro a voce bassissima, quasi
come fossero in chiesa, si aggiravano curiosi tra gli scaffali e i tavoli su cui
erano esposte le novità. Il silenzio venne rotto dal rumore dei tacchi alti
della signora e il cavalier Grifoni, ultimo discendente della famiglia, in un
impeccabile doppio petto scuro, si avvicinò premuroso e chinò il capo con
deferenza: la signora era una delle migliori clienti, e poi era moglie del
commendatore M., la deferenza era il minimo.
» Signora M.!», salutò
ostentando un sorriso più da bottegaio che reale «Bentornata, è sempre un
piacere vederla!»
«Buongiorno Grifoni. Volevo parlare
con Marisa.»
«Marisa è al momento
impegnata con un altro cliente. Se posso esserle utile io…»
«No, Grifoni, grazie. Volevo
proprio Marisa.»
«Bene, signora. Vedrò cosa
posso fare.», e abbassando leggermente il capo come per scusarsi si allontanò
per cercare Marisa, la commessa più stimata della libreria, la preferita da
tutte le signore che frequentavano il posto, quella che non era solamente la
più preparata, ma anche una che dava consigli ma al tempo stesso una confidente
e, per qualcuna, addirittura un’amica.
La trovò nella saletta verde,
quella dei classici latini e greci, assieme ad un assiduo frequentatore del
posto, il professor P., mentre gli illustrava l’ultima edizione critica delle “Enneadi”
di Plotino, e non poté fare a meno di pensare che quello era uno spreco: Marisa
era eccezionale con le donne, ma era sprecata con gli uomini, a quelli poteva
pensarci lui o qualche altro commesso, erano meno esigenti, avevano le idee più
chiare e andavano subito al sodo.
Fece un cenno discreto alla
commessa, e questa si scusò con il cliente e andò dal titolare che sottovoce le
disse: «C’è la signora M. Vuole te.»
Marisa annuì, tornò dal
cliente e dopo avergli sussurrato qualcosa se ne andò, mentre era Grifoni ad
avvicinarsi con un sorriso: «Caro professore! Bentornato, è sempre un piacere
vederla! Allora, Marisa mi diceva che è interessato all’ultima edizione delle “Enneadi”,
con la traduzione del Roccoli...»
Marisa raggiunse la signora, che sfogliava le
ultime novità sopra gli espositori con aria dubbiosa se non proprio
contrariata.
«Benvenuta, signora. Mi
voleva?»
La signora si girò, scrutò la
commessa da capo a piedi e sembrò approvare il suo tailleur nero, alla moda ma
al tempo stesso sobrio e discreto, con la camicia bianca e le scarpe nere senza
tacco.
«Oh, finalmente. Avevo proprio bisogno di te, cara.»
«Bene, signora. Sono a sua
disposizione. Preferisce stare qui o andiamo nel salottino?»
«Forse nel salottino è
meglio. Sai, cara, è una questione importante, ed è meglio che ne parliamo
tranquille.»
Marisa sorrise e fece strada
alla cliente verso una piccola stanza, in un angolo tranquillo della grande
libreria, dove in mezzo agli scaffali dei libri si trovavano un piccolo
tavolino rosso, laccato, e due poltroncine con sedile di velluto, anche questo di
colore rosso, per ricevere gli ospiti più importanti, quelli che dovevano
essere trattati col massimo rispetto e a cui prestare la massima attenzione,
quelli da accontentare ad ogni costo perché un loro giudizio negativo poteva risultare
deleterio per la libreria.
Marisa fece accomodare la
signora M. su una delle poltroncine e prima di sedersi a sua volta chiese: «La signora
desidera un caffè, un tè, oppure una bibita rinfrescante, visto che oggi è già
una giornata caldina?»
L’altra scosse la testa: «No,
cara, grazie. Meglio di no. Forse dopo».
«Come desidera, se cambia
idea me lo dica.» concluse Marisa e sedette accanto alla signora. Questa per un
attimo osservò la commessa: si era seduta ma aveva mantenuto la schiena dritta
e non l’aveva appoggiata alla spalliera, e se ne stava con le mani posate sulle
ginocchia, attenta e in attesa. La signora ne fu compiaciuta, Marisa non era
solo la commessa di libreria più capace e fidata che conoscesse, in grado di
trovare sempre il meglio per lei, era anche una che sapeva stare al suo posto.
E, come consigliera, non sbagliava mai.
«Vedi, cara, il fatto è che
siamo stati invitati, mio marito ed io, a passare un fine settimana in
Sardegna, dal conte D. e ci saranno diversi altri ospiti, alcuni importanti,
come J.K., l’attrice, la ministra R., ma soprattutto, ci sarà...» E qui la signora M. fece una breve pausa,
chinandosi verso Marisa prima di pronunciare, abbassando la voce, un nome che
fece sobbalzare la commessa, che pure non era certo una facile da
impressionare.
La signora si accomodò di
nuovo sulla poltroncina: «Capisci, cara, che questa non è una cosa da prendere
alla leggera, no? Io devo fare una figura non bella ma, semplicemente, splendida.
Ecco perché sono qui, cara, sono nelle tue mani».
Marisa esitò e si morse
leggermente le labbra: «Ho capito, ma devo saperne di più, signora, devo sapere
come si svolgerà questo soggiorno, se c’è un tema richiesto, se ci sono
occasioni particolari.».
La signora scrollò le spalle:
«Ma, niente di che... Faremo le solite cose, credo: attività varie, spiaggia, uscita
in barca, serate danzanti... Ecco, una sola cosa particolare ci sarà, una cena
in onore del console francese in Austria che, a quanto mi dicono, è un amico
personale del conte. Non mi pare ci sia nient’altro di speciale in programma,
sai, cara, il conte non è che brilli per la sua fantasia».
La commessa sembrò pensarci
un po’ sopra e poi estrasse dalla tasca del tailleur un piccolo taccuino rilegato
in pelle con una piccola matita dorata, e con tono professionale, come se fino
ad allora si fosse trattato di una chiacchierata tra amiche, disse: «Signora,
per poterle rendere il servizio che merita, devo saperne di più».
L’altra annui, contenta:
sapeva che Marisa stava prendendo il comando, e sapeva che avrebbe trovato la
soluzione giusta.
«Vede,» stava proseguendo la
commessa, «in questi casi è facile ricorrere a scrittori di moda, certo non
emergenti, ma già famosi e segnalati in qualche premio, e risolvere così la
situazione, ma non è il massimo, tutto sommato si tratta di scelte banali e noi
non vogliamo questo, giusto? E non vogliamo nemmeno che qualcun altro, o
qualcun’altra, arrivi coi nostri stessi libri, giusto?»
La signora fece di sì con la
testa, pronta a lasciarsi guidare.
«Lei, signora, per caso aveva
già in mente qualcuno o qualcosa?»
«No, cara, no. Come ti ho già
detto, sono nelle tue mani».
«Bene. Allora andiamo con
ordine. Partiamo dalla colazione del mattino. Si tratta di una colazione
formale o informale? È importante che io lo sappia».
«Beh... informale,
principalmente. Naturalmente ci sono i camerieri, ma si limitano a preparare le
bevande, affettare il pane, cose del genere. Ci si serve a buffet, sopra tutto,
e non c’è nessuna indicazione particolare per l’abito».
Marisa prese nota sul suo
taccuino: «Informale, dunque. Bene, questo è piuttosto facile, vediamo...»
Fissò il soffitto e si morse un paio di volte le labbra prima di continuare «Ecco,
io la vedrei bene con qualcosa di leggero, disinvolto, una raccolta di racconti,
una lettura non impegnativa ma assolutamente non banale... Ecco, potrebbe essere “È ricca, la sposo e l’ammazzo”,
di Jack Ritchie, oppure... No, aspetti un attimo, mi è venuto in mente quello
che può essere per lei l’accessorio perfetto per una colazione informale. Non si
tratta esattamente di un libro di racconti, sono più che altro storielle brevi,
considerazioni e facezie di vario genere, ma comunque in grado di attirare
l’attenzione e di far un’ottima figura: “Crepapelle”, di Luciano Folgore!»
La signora trasalì: «Luciano
Folgore? Ma... Non ti pare un po’ datato?»
Marisa fissò la signora con
uno sguardo che sembrava quasi di commiserazione e rispose, dura: «Signora, noi
sceglieremo molti libri datati, perché con autori contemporanei il rischio di
trovare qualcuno che ha fatto la nostra stessa scelta è alto, troppo alto, e
basterebbe un libro, un solo libro doppio per venire automaticamente bollati
come massa. E noi non vogliamo questo, vero, signora?»
La signora si fece piccola
piccola e scosse la testa vigorosamente come per dire no, no figuriamoci! Marisa, soddisfatta della reazione della
cliente, riprese in tono più accomodante: «Si fidi, signora. Io le scoverò il
meglio del meglio, quelle perle che non sono per tutti, e che, pur se datate,
come dice lei, illuminano e valorizzano al massimo chi le porta... E saranno comunque
delle perle uniche».
La commessa tacque, fissò la
cliente e si accorse che ormai era nelle sue mani. Prese qualche nota sul taccuino
prima di continuare: «Passiamo alle... attività della mattina, giusto? Di che
si tratta?»
«Ma, non so, solite cose… Ci
sono attività sportive, tennis, palestra, pilates... Sai, cara, il conte ha una
palestra ben attrezzata, chiama istruttori molto validi, e sono molti quelli
che la frequentano, ma anche piscina, o spiaggia, naturalmente. E poi ci sono
altre attività di tipo spa: sauna, massaggi, cure estetiche, perché la contessa
ci tiene molto alla forma, ormai anche lei ha una certa età, e anche lei
recluta personale di primo ordine, di una qualità difficile da trovare».
«E lei, signora? Lei quale di
queste attività segue?»
«Beh, io non è che disdegno
le attività sportive ma... Una va in Sardegna anche per rilassarsi e staccare
un po’, giusto? La spiaggia… bah, a me annoia. Certo se ci andasse lei-sa-chi,
ci andrei anch’io, naturalmente, ma se posso evito e preferisco una bella
sauna, seguita da massaggio, pedicure, manicure... la spa, insomma, dove tra l’altro
si può stare a chiacchierare fra donne senza la pesantezza dei nostri mariti
che anche quando fanno sport continuano a parlare di soldi, di affari, di
politica, tutte cose che a me non è che interessino molto, anzi».
«Uhm, tutto chiaro... Allora,
io ci vedrei bene un romanzo contemporaneo, magari anche due, nel caso voglia o
debba dedicarsi a più attività. Per quanto riguarda le attività di spa, io me
la immagino con un romanzo non troppo pesante, certo, però già di un certo
spessore... Qualcosa come il “Club dei bugiardi”, di Mary Kerr, ma qua un po’
di rischio c’è, ne hanno fatto una ristampa recentemente: io faccio sempre
riferimento all’edizione originale, ma con le ristampe non si sa mai. Allora,
un’altra scelta potrebbe essere... Beh, anche Janet Skeslien Charles non
sarebbe male, con la sua “La biblioteca di Parigi”, però non mi convincono né l’una
né l’altra: vede, signora, io per lei vorrei trovare un autore donna, ma deve
essere eccezionale e al tempo stesso poco conosciuta».
Marisa rimase per un po’ in
silenzio, mordicchiando la sua matita e tenendo gli occhi chiusi, finché aprì
gli occhi, come illuminata, e schioccò le dita: «Sì! Questa! Signora, a lei il
nome di Jacqueline Harpman dice niente?»
«Beh, no... Ma io, cosa vuoi,
cara…», brontolò imbarazzata la cliente «Sai, non è che abbia molto tempo per
leggere, io... Guardo la TV, mi informo in internet, leggo qualche rivista, ma
per quanto riguarda i libri...»
«Non si preoccupi, non è mica
un’accusa. Però, così come lei non conosce questa scrittrice, che è stata
pubblicata diversi anni fa e che all’epoca è stata sottovalutata, non la
conoscono di sicuro neanche le sue amiche. Jacqueline Harpman, “Io e Dio”, è proprio
quello che ci vuole per una sauna, un massaggio o attività similari. Si tratta
di un’edizione di poche pagine, comoda e pratica da portare ma al tempo stesso
di una eleganza e una raffinatezza rare».
Si fermò a guardare la
signora M. che chiese: “E con questa, con questa non c’è il rischio di trovare
qualcuno che abbia lo stesso libro?»
«A dire la verità,» rispose
Marisa «un po’ di rischio c’è sempre. Io naturalmente cerco di evitare al
massimo che si possa verificare una cosa del genere ma una percentuale di
rischio non si può mai escludere. Per questo io consiglio le mie clienti, e lei
lo sa, di prendere adeguate precauzioni, ad esempio in questo caso portarsi via
2, 3 libri per la stessa occasione di modo che ci sia sempre un ripiego se ci
si accorge che qualcuno o qualcuna ha fatto le nostre stesse scelte. Anzi, in
realtà, signora,» disse in un tono più basso, quasi da cospiratore «io le
consiglierei di arrivare per ultima, di modo da poter sbirciare in anticipo
quello che hanno le altre, e tenersi nella borsa un libro di emergenza».
La cliente si mise a ridere e
abbassando pure lei la voce, in tono confidenziale, disse: «È quello che farò, cara,
grazie!» e strizzò l’occhio a sua volta.
«Ecco, allora per la spa
siamo a posto, invece se dovessi andare in spiaggia, mi piacerebbe per lei un
qualcosa sempre non impegnativo Anzi leggero, allegro, casual possiamo dire, tale
da far risaltare il suo senso dell’ironia. Magari un romanzo in tema, come “Vacanze
matte” di Richard Powell, oppure “Alla larga dal mare” di William Brinkley, o
anche “Vacanze a tutti i costi” di Pierre Daninos. Anzi, propenderei
decisamente per quest’ultimo anche se non è un romanzo, si tratta piuttosto di
una serie di brevi articoli umoristici, perché questi libri sono tutti e tre
dei gioiellini, ma Daninos è proprio una chicca di una eleganza al tempo stesso
classica e modernissima. Naturalmente, intendo l’edizione originale del 1959
che fra l’altro è arricchita dai disegni di un artista poco noto ma di alto
livello come Jacques Charmoz, un’edizione, mi lasci dire, che sta assolutamente
bene con tutto. E poi, si tratta di un
autore francese, e questo potrebbe risultare gradito al console o alla sua consorte.».
La signora sorrise
apertamente: «Vedi, cara, tu pensi sempre a tutto, per quello mi piaci!»
«È il mio lavoro, signora!
Anche se con lei spesso è più un piacere che un lavoro.» sviolinò la commessa.
L’incontro andrò avanti in
questo modo per quasi due ore, compresa una breve pausa per un tè, e la signora
M. diventava sempre più rilassata e meno sostenuta, e a quelli che giravano per
la libreria e per caso davano un’occhiata al salottino, le due davano l’impressione
di essere più due amiche immerse in piacevole conversazione che cliente e commessa,
tanta era la complicità, quasi intimità che esprimevano a chi non poteva capire
lo scopo di quel dialogo.
Certo, era sempre Marisa
quella che conduceva il gioco, portando la signora M. con delicatezza e
fermezza ad approvare certe scelte quasi come fossero delle idee venute a lei e
non frutto della conoscenza e dell’esperienza della commessa. In questo modo,
arrivarono un po’ alla volta ad individuare i libri migliori per ogni
occasione: ad esempio per le uscite in barca Marisa stabilì che si dovesse
optare per un romanzo storico e fu scelto “Le segrete del castello”, di Antonio
Perria, anche se con un po’ di rammarico della commessa secondo cui l’opera migliore
sarebbe stata “Cavalieri di oriente e di occidente”, di Francois Cavanna, opzione che dovette purtroppo essere scartata
perché la presenza del console sconsigliava l’utilizzo di questo volume,
considerando il fatto che si trattava di un autore non ben visto, anzi
decisamente inviso all’establishment francese. Comunque, tutte le diverse
occasioni che si presentavano o si sarebbero potute presentare vennero
esaminate a fondo e per ciascuna venne trovata la soluzione o le soluzioni
migliori. L’unico problema, o contrasto, se vogliamo dire così, fu la scelta
del libro per il pre-cena, quando era prassi che dopo una giornata di svago e
leggerezza, le circostanze dovessero lasciare il posto a qualcosa di più
impegnato, opere accademiche, scientifiche, o anche di saggistica, ma in ogni
caso non di narrativa, e di rilevante spessore culturale.
Qui la signora M. fu
irremovibile: nonostante Marisa le avesse proposto, spiegandone a fondo le
ragioni e le opportunità, tutto un elenco di libri come “Il mulino di Amleto”, raffinato
saggio sul tempo di Giorgio De Santillana e Herther von Dechend, il classico “L’uomo
e la morte dal Medioevo ad oggi”, di Philippe Aries, e perfino “La grande madre”
di Erich Neumann, un’opera che, per usare le parole della commessa, “… è una
sorta di perfezione letteraria, sta bene con tutto e chiunque con questo è
sicuro di fare un figurone”, la cliente si impuntò su “L’universo elegante”, di
Brian Greene, solamente perché, come aveva letto sulla copertina, trattava
della teoria delle stringhe, di cui aveva sentito vagamente parlare in una
delle sue sitcom favorite. Alla fine, Marisa cedette, ma non senza
sottolineare, con malcelata ripicca: «...Poi però non venga a lamentarsi con me
se qualcun altro esibirà lo stesso libro: lei, cara signora, non è l’unica a
cui piace Big Bang Theory!»
In ogni modo, a parte questo
ultimo screzio, il taccuino si riempì di una lunga lista di volumi e alla fine
le due arrivarono alla scelta più impegnativa, la scelta che poteva significare
il trionfo o la vergogna in quell’occasione mondana: il libro da portare alla
cena in onore del console di Francia.
La conversazione leggera di
prima era sparita, ora le due sembravano più serie, più concentrate e la commessa
era quella più conscia dell’importanza della cosa, sapeva che era in ballo non
solo il successo sociale della signora M. ma anche la propria capacità e la
propria reputazione professionale. Marisa si schiarì la voce prima di chiedere:
«Mi dica, signora c’è stato qualche altro precedente simile, di cui mi può
parlare?»
La signora ci pensò un po’
sopra prima di rispondere: «Beh, qualche anno fa c’è stato un aperitivo a
Palazzo Farnese, a Roma, per raccogliere fondi non mi ricordo più per che cosa,
forse i bambini in Africa, o le foreste amazzoniche, o la ricerca sulle
malattie rare, roba del genere. Nell’invito, era specificato “È gradito un
libro francese”, e si sa cosa si intende per ‘gradito’ in questi casi. Io mi presentai con “Le beaux mensognes de l’histoire”,
non mi ricordo neanche più chi fosse l’autore, ma non fu un successo.»
«Signora,» la interruppe la
commessa con un velo di rimprovero nel tono: «Non mi pare sia venuta a parlare
con me, quella volta.»
«No, Marisa, purtroppo no!» si
scusò l’altra quasi chiedendo perdono «Mi trovavo a Roma, non avevo il tempo di
tornare qui, è successo tutto in fretta. Sono andata in una libreria
consigliatami da una mia amica, la moglie del ministro O., ma non è andata
bene, proprio no. Marisa, tu sei unica, e ti assicuro che non capiterà più.» e
restò a fissare la commessa con aria mogia, da cane bastonato, come in attesa
di ricevere l’assoluzione da un prete.
La commessa, compiaciuta del
fatto che l’aveva chiamata per nome e non con il solito ‘cara’, fece un cenno
con la mano quasi di indulgenza, come per dire “va bene, non ne parliamo più” e
chiese: «Per caso, si ricorda quale libro fu maggiormente apprezzato quella sera?»
«Sì che me lo ricordo, o
meglio mi ricordo che l’aveva portato proprio la moglie del ministro, quella
che mi aveva consigliato la libreria dove andare e mi sa tanto che lo aveva
fatto apposta a mandarmi là! Il titolo no, quello non me lo ricordo, so che
parlava della storia dei cornuti nel Medioevo o qualcosa del genere».
«Uhm. Probabilmente era “Au
bonheur des males, adultere et cocuage à la Renaissance”, di Maurice Daumas.
Opera interessante, certamente, ma non eccezionale, si poteva fare di meglio.
Altro da dirmi sui libri portati in quell’occasione?»
«Mah... C’erano molti classici, Dumas, Hugo, quelli
là insomma, e poi diversa roba contemporanea, ma non mi ricordo più cosa,
niente di particolare se no me ne ricorderei, credo. Ah, una cosa, ma è proprio
una barzelletta, mi scusi, il commendatore G. e l’addetto culturale francese si presentarono
tutti e due con dei libri di fiabe dello stesso autore, Perrault, mi pare, e
per tutto il tempo litigarono dicendo che la propria era l’edizione migliore,
fu veramente imbarazzante ma mai quanto...» E qui la signora M. si fermò non riuscendo a
trattenere una risatina.
«La prego, continui.» la incoraggiò Marisa, incuriosita e divertita
anche lei.
«Guarda, cara, questa è
grossa, te la dico ma, ti prego, tienitela per te perché non è bello far sapere
certe cose in giro. Insomma, la moglie del produttore Q., una attricetta che invece
di far successo nel cinema ha fatto successo con i cineasti, una piccola borghese
che non aveva la più pallida idea di come comportarsi in società, arriva con...
mi viene ancora da ridere a dirlo... Con la ricerca del tempo perduto di...,
Proust, giusto? Ma non un libro solo, no… Sette! Sette libri, tutti rilegati in
pelle! Era impossibile trattenere le risate quando la si vedeva parlare con gli
altri ospiti tenendo tutti quei libri in braccio, che sembrava una commessa di
libreria! Oh, scusami cara, non intendevo…»
Marisa scosse la testa con un
sorriso tirato per indicare che quel paragone non le importava e la signora M. veloce
proseguì: «Beh, insomma, era una farsa! Ogni tanto doveva posare libri per
stringere una mano o prendere un bicchiere, e poi ne dimenticava sempre in giro
qualcuno. Ad un certo punto il marito dovette portarla via, perché lei neanche
si accorgeva di quanto si rendeva ridicola e mi dissero che poi, a casa, c’era
stata una lite furibonda e che per un bel pezzo lui quando doveva andare a
qualche riunione mondana ci andava da solo. Ma che figura, che figura… a Roma
ne parlano ancora.»
Si fermò vedendo che Marisa
aveva cambiato espressione, il suo sorriso da divertito era diventato brillante
e anche i suoi occhi brillavano. Incuriosita le chiese: «Cara, ti è venuto in
mente qualcosa?»
La commessa si stava
picchiettando la matita sulle labbra ed era come se guardasse lontano, verso un
oggetto o un qualcuno che non era nella stanza.
«Sì, signora, mi è venuto in
mente qualcosa, proprio. Me l’ha fatto venire in mente la storia dell’ospite
con i volumi della Recherche...».
«Non penserai mica di
mandarmi alla cena del console con un mucchio di libri, vero?» si preoccupò la
cliente.
«No, certamente no. Pensavo
piuttosto a qualcosa di particolare, molto particolare. Pensavo a Queneau».
«Queneau?» si stupì l’altra «Ma
ad ogni ritrovo, ad ogni festa, c’è sempre qualcuno con un Queneau! Mi pare roba per giovani, Queneau, banale direi,
ce ne è stata una inflazione, perfino io lo so che è fuori moda e che va bene solo
tra i giovincelli che incominciano appena ad entrare in società. Mi pare che anche
mia figlia, quando va in discoteca, si porti un Queneau!»
«Vero.» disse con aria astuta
Marisa. «Ma quello che le propongo io è.… eccezionale. Qualcosa che non credo si
sia visto facilmente anche nei ritrovi più esclusivi, qualcosa che di sicuro non
è da tutti portare, certo, ma io per lei lo trovo perfetto. Semplicemente, divinamente
perfetto.»
«Ma, ma...» balbettò la signora preoccupata «Cosa c’entra
con quella disgraziata con tutti quei volumi pesanti e rilegati?»
«Beh, perché è un’opera grandina,
un po’ ingombrante, diciamo. Intendiamoci, niente che lei non possa portare tranquillamente,
specialmente con un personale come il suo, che non ha niente di invidiare a quello
di una ventenne. Però non è certo una edizione economica, di poche pagine, da tenere
con noncuranza in mano o sotto il braccio.»
«Spiegati, Marisa, ti prego!» implorò la signora tornando soprappensiero al
nome di battesimo.
Marisa la guardò per un attimo
e poi sparò: «“Cent mille miliards de poemés”, e intendo la prima edizione del 1961. È appunto un’opera di grandi dimensioni, rilegata,
ma sono certa che lei, con il suo stile e la sua classe, non avrà difficoltà a sfoggiare
come merita. Lei sa di cosa sto parlando?»
La signora M. annuì fissando Marisa
a bocca aperta: «Sì, ne ho sentito parlare, ma pensavo fosse una leggenda.»
«Nessuna leggenda. Naturalmente,
non si tratta di un volume che teniamo in libreria, ma sono in grado di procurarglielo
nel giro di una settimana, massimo dieci giorni. E il costo, ovviamente, devo dirglielo
subito, è un costo da collezione. Non so quantificarlo con precisione ma di sicuro
si tratterà di qualche migliaio di euro».
La signora fece un gesto nervoso
con la mano, quasi offesa: «I soldi non sono certo un problema, cara, dovresti saperlo,
e anche i tempi possono andare bene, ma... Non è che sia troppo?»
Marisa sospirò: «No, per lei non
è troppo. Se c’è una donna che possa esibire una tale opera con grazia e naturalezza,
questa è lei. Mi creda, non glielo proporrei se non fossi sicura di quello che dico.
Ormai ci conosciamo da tempo, lo sa: quante volte l’ho delusa o non sono stata all’altezza?»
«Mai, Marisa. Mai.» rispose convinta
la cliente, e gli occhi già le si illuminavano pensando alla splendida figura che
avrebbe fatto alla cena del console di Francia.
Il taxi accostò al marciapiede
davanti alla libreria. Marisa, che aveva accompagnato la signora M. ad aspettare
la vettura, aprì la porta dell’auto ma l’altra, prima di montare, volle darle le
ultime raccomandazioni: «Allora, cara, per i libri che abbiamo trovato, anche le
copie da portare via per i casi di emergenza, mandameli direttamente a casa. Invece,
per quello-che-tu-sai, preferirei venirlo a prendere di persona. Anzi, pensandoci
bene, no. Non è che potresti portarmelo tu?»
«Come preferisce. Domanderò al
cavaliere Grifoni, ma non penso ci saranno problemi.», rispose Marisa che aveva
ripreso il tono professionale e il ruolo della semplice commessa.
«Brava. A proposito di Grifoni,
ho convinto mio marito a venire qui un giorno della prossima settimana. Ecco, cara,
desidero che lo segua direttamente Grifoni. Tu sei brava, cara, ma credo che tra
maschi si intendano meglio.»
«Avvertirò il cavaliere, signora.»
«Perfetto. E mi raccomando, devi anche dire a Grifoni di
starci dietro bene, perché mio marito da questo punto di vista è un troglodita e,
se fosse per lui, girerebbe ancora con i libri di Salgari che gli hanno
regalato per la prima comunione.»
«Non mancherò, signora.»
«Bene. Credo sia tutto.» concluse
la signora montando nella vettura «Aspetto notizie per… beh, tu sai per che
cosa. Arrivederci, cara».
Marisa chinò il capo con
deferenza e in un attimo il taxi fu di nuovo nel traffico cittadino. Quando
l’auto scomparve dietro la prima curva, rientrò nella libreria: «Tutto bene, cavaliere,
anche questa volta al guardaroba estivo della signora M. abbiamo provveduto
egregiamente.» disse piano al titolare che aspettava trepidante e che rispose
con un largo sorriso di soddisfazione.